"Che ne sarà dei bar e ristoranti umbri? Erano 4.729 alla fine dello scorso anno. Ma, con la riapertura del Paese - afferma il presidente di Fipe Confcommercio Umbria, Romano Cardinali - gli umbri rischiano di non trovare più aperti né il bar sotto casa, né la trattoria di quartiere. Per questo il governo, e la politica tutta, compresa quella locale, ci devono aiutare, per salvare un pezzo del nostro sistema produttivo che, con 85 miliardi di fatturato prodotto e 1.200.000 occupati, è un settore trainante del turismo e dell' economia italiana".
"Gli interventi sin qui messi in campo dal governo - osserva Cardinali - sono solo una risposta parziale: la liquidità non è ancora arrivata, la garanzia al 100% dello Stato per importi massimi di 25.000 è una cifra lontanissima dalle effettive esigenze delle imprese per far fronte agli innumerevoli costi da sostenere, la burocrazia rimane soffocante appesantendo addirittura le stesse procedure degli ammortizzatori sociali". "Sulle tasse locali, inoltre, nonostante i tanti nostri appelli ai Comuni umbri e all' Anci, non ci sono state cancellazioni ma solo un differimento nella stragrande maggioranza dei casi". L' ufficio studi di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi aderente a Confcommercio, ha fatto un po' di conti: "Il settore dei pubblici esercizi - bar, ristoranti, pizzerie, catene di ristorazione, catering, discoteche, pasticcerie, stabilimenti balneari - con 30 miliardi di euro di perdite è in uno stato di crisi profonda, con il serio rischio di veder chiudere definitivamente in Italia 50.000 imprese e di perdere 300 mila posti di lavoro. A conferma di questo già molti imprenditori stanno maturando l' idea di non riaprire l' attività, perché le misure di sostegno per il comparto sono ancora gravemente insufficienti e non si intravedono le condizioni di mercato per poter riaprire".
Perugia
21/04/2020 15:45
Redazione