Sono mamme perfette e imperfette insieme, come tutte le altre. Ma, diversamente dalle altre, non hanno finito gli studi perché, ancora giovanissime, sono rimaste incinte. Si chiamano Sabrina, Sofia e Ornela, hanno tutte un’età intorno ai vent’anni, e, ognuna di loro, ha un bimbo che le aspetta a casa. Sono madri, mature sì, ma non del tutto. Nel senso che non hanno, non ancora, il famoso pezzo di carta, quel diploma che, per definizione, certifica la maturità. Almeno quella scolastica. Così, queste mamme teen agers, ex studentesse, i libri sottobraccio, si sono sorprendentemente ritrovate tutte insieme, alle sei del pomeriggio, nell’aula a piano terra dell’Istituto Tecnico Economico ‘F. Scarpellini’, a riprendere lì da dove avevano lasciato. Esattamente da lì, dal banco da cui si erano congedate non appena avevano visto spuntare il pancione. Da settembre di quest’anno si sono iscritte al corso serale e tra un paio di settimane affronteranno l’esame di stato. Per otto lunghi mesi hanno condiviso ansie, speranze, dispense e appunti. Armate di buona volontà, sono arrivate in classe, dopo aver lavorato un turno di sei ore e magari, perfino, dopo aver preparato la cena e messo a dormire il pargolo. Non è mai troppo tardi, si sono dette. Rendendo omaggio, probabilmente a propria insaputa, a quella tv degli anni Sessanta che con l’indimenticato maestro Alberto Manzi aveva cercato di sconfiggere l’analfabetismo di oltre un milione e mezzo di italiani. “Conciliare studio, lavoro e famiglia è durissimo. Non sto dicendo che è impossibile, solo che è molto faticoso”, spiega Sabrina, occhi verdi e una cascata di capelli biondi, il nome del suo bambino tatuato sul polso. Poi aggiunge con un largo sorriso: “Io, di mestiere, faccio la cameriera e sto a lungo in piedi. Quando torno a casa sono distrutta ma siccome sono una che non si arrende mi metto a studiare comunque, nonostante la stanchezza”. Dall’ultimo banco s’alza la voce cristallina di Sofia, diciannove anni appena compiuti e una bimba di sette mesi che le somiglia come una goccia d’acqua: “Dopo la nascita di mia figlia, nata all’inizio dell’inverno, ho dovuto interrompere la scuola. Non potevo lasciarla ed era troppo freddo per portarla fuori. Così dovendo scegliere, ho scelto lei”. Anche Ornela, una sirenetta bionda dalla pelle diafana e il viso minuto che sembra la sorella di sua figlia, non ha dubbi: “La scuola è importante. Non solo per non essere tagliati fuori dal mercato del lavoro ma anche per una questione di autostima e sicurezza interiore”. Insomma, quello che le donne non dicono, ma fanno di certo capire, è che il ruolo di angelo del focolare, in pieno terzo millennio, va loro un po’ stretto. E allora, spinte da una tenace voglia di riscatto, tra quaderni e biberon, sono pronte a tutto pur di vincere la sfida con se stesse. Piccole mamme sì, ma anche grandi donne.
Gubbio/Gualdo Tadino
16/06/2014 10:18
Redazione