Un film nella lingua dei segni e senza sottotitoli, perché l’amore e l’odio non hanno bisogno di traduzione. È una esperienza cinematografica senza precedenti il film ‘The tribe’ che la rassegna ‘Visioni’ targata Young Jazz (concerti e film in jazz per avvicinare i linguaggi della musica e del cinema) propone come quinto appuntamento. Domenica 15 aprile (ore 17.30) allo Zut di Foligno spazio ancora ai film con la proiezione della pellicola di Myroslav Slaboshpytskiy (Ucraina - Paesi Bassi 2014, 130’), film che sarà proiettato in collaborazione con il Festival per le Città Accessibili. Dopo il concerto ‘Alteraccessibile’ del 2017, con la musica che è stata fruibile anche per i non vedenti e non udenti, continua la collaborazione di Young Jazz con il Festival e l’attenzione al tema della diversità: il film ‘The Tribe’ infatti è recitato solamente attraverso il linguaggio dei segni. Slaboshpytskiy non concede alcun aiuto o scorciatoia, costringendo il suo pubblico a sfidare i limiti delle proprie convenzioni. Problematizza, in buona sostanza, il ruolo della spettatore, arrivando all'affermazione di un paradosso: in un contesto simile, chi è il vero disabile? Il primo lungometraggio di Slaboshpytskiy appartiene alla categoria dei film destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore sia per quello che raccontano che per lo stile adottato. Il regista afferma: "È un mio vecchio sogno quello di rendere omaggio al cinema muto. Fare un film che possa essere compreso senza che venga detta una parola. Non pensavo però a un certo tipo di cinema europeo 'esistenzialista' in cui gli eroi stanno zitti per metà della durata del film. Anche perché gli attori non erano muti nei film muti. Comunicavano molto attivamente attraverso un'ampia gamma di azioni e di linguaggio corporeo". Da qui nasce l'esigenza di una 'reale' impossibilità di comunicare con le parole su cui si innesta la decisione di non proporre sottotitoli neppure per tradurre l'alfabeto muto che viene utilizzato dai protagonisti. Non è un film sui non udenti questo, quanto piuttosto un lungometraggio in cui il non utilizzare parole dette fa sì che lo spettatore divenga a sua volta attivo. A lui viene offerta una colonna sonora in cui rumori e suoni giocano un ruolo fondamentale.