Nel Salone d'onore del Palazzo Ducale di Gubbio è stato presentato il libro "Il Castello di Carbonana. Storia Archeologia Arte".
Si tratta del secondo volume monografico dedicato al castello che sorge lungo la vallata del torrente Assino in località Zangolo, recentemente acquistato e completamente ristrutturato dal magnate canadese Daniel Bellemare.
Il volume è stato curato da Andrea Augenti e Sonia Merli, con contributi di vari storici e studiosi locali e si compone di 286 pagine, 12 tavole genealogiche, 64 immagini a colori e 4 tavole illustrate, realizzate da Giorgio Albertini.
Alla presentazione sono intervenuti Jean-Claude Maire Vigueur, già dell'Università degli Studi Roma Tre ed Erminia Irace, Università degli Studi di Perugia, mentre il professor Attilio Bartoli Langeli, già dell'Università di Padova, ha moderato l’incontro.
Considerati a giusto titolo come una delle eredità più importanti del Medioevo, i castelli sono sempre più spesso oggetto di indagini che, condotte da studiosi appartenenti a vari ambiti disciplinari, beneficiano del fondamentale apporto dell’archeologia medievale e, più in particolare, dell’archeologia dell’architettura e dell’archeologia della signoria di castello.
Un caso di studio esemplare in tal senso è costituito dal castello di Carbonana, che, analizzato con approccio multidisciplinare dal punto di vista materiale, documentario e storico-artistico, si è rivelato un sorprendente luogo di incontro tra macrostoria e microstoria.
Recentemente restaurato, e dunque ancor meglio visibile percorrendo la strada di fondovalle che da secoli collega la città di Gubbio a Umbertide e all’Alta Valle del Tevere, il castrum Carbonane figurava già nel 1192 nel privilegio pontificio con cui Celestino III confermava al vescovo eugubino Bentivoglio il possesso di alcuni siti incastellati strategicamente collocati a presidio del territorio diocesano. Con il venir meno della signoria vescovile, ad avvicendarsi furono due importanti lignaggi cittadini: i ben noti Gabrielli del ramo di Frontone e i Porcelli, di origine fiorentina e di estrazione mercantile, impegnati in un percorso di nobilitazione che avrà il suo coronamento tra Quattro e Cinquecento.
Agli inizi del XV secolo, infatti, Giacomo de Porcellis prese in moglie Checca della nobile stirpe degli Atti di Sassoferrato, la quale aveva sposato in prime nozze un Gabrielli. E fu così che l’antico fortilizio vescovile, entrato a far parte dei beni dei Porcelli grazie a una fortunata alleanza matrimoniale e al termine di un aspro contenzioso avviato dalla ex suocera di Checca, si tradusse ben presto in fondamentale strumento di promozione sociale della stirpe.
Prova ne sia il fatto che già dagli inizi del Cinquecento, forti dell’acquisizione del titolo comitale, i Porcelli legarono indissolubilmente l’onomastica familiare al prestigioso castello di famiglia, sul quale hanno lasciato la loro inconfondibile impronta grazie anche alle modalità di auto-rappresentazione proprie dell’araldica. Identificandosi infatti in modo totale ed esclusivo con il castrum di cui furono proprietari per oltre quattro secoli e sommando al proprio originario cognome il predicato territoriale de Carbonana, i nuovi signori del castello, dopo una prima fase in cui nelle fonti risultano designati come de Porcellis de nobilibus de Carbonana, divennero i conti di Carbonana o tout court i Carbonana.
Il libro è stato pubblicato con i caratteri della casa editrice fiorentina “all’Insegna del Giglio”.
Gubbio/Gualdo Tadino
29/09/2016 13:07
Redazione