Prima che essere calciatori bisogna essere uomini. Il concetto è semplice e diretto, ma metterlo in pratica oggi è divenuto sempre più complicato. Fermarsi a riflettere a volta può aiutare a crescere meglio, e se ne sono accorti i tanti ragazzi del settore giovanile del Fontanelle che sabato 16 dicembre hanno partecipato all’incontro con Ubaldo Cecilioni, atleta paralimpico eugubino, plurimedagliato in varie discipline (tiro con l’arco, atletica e judo) ma soprattutto capace di raccontare loro qualcosa per cui valga la pena restare ad ascoltare un paio di ore. “L’unica cosa che posso fare è cercare di farvi capire quanto sia importante il rispetto delle regole e soprattutto il rispetto che si deve prima a se stessi e poi a chi si ha intorno”, ha esordito sul palco Cecilioni. Che ha raccontato la sua storia di sportivo prima e dopo l’handicap con il quale convive da 20 anni (rimase cieco dopo un incidente in automobile). “Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita, sia quando da ragazzo giocavo a pallacanestro, sia dopo l’incidente quando mi è servito anche per trovare nuovi stimoli e motivazioni. Ma uno non deve subire un handicap per avvicinarsi allo sport o cambiare il modo di interpretarlo. È fondamentale assumersi le proprie responsabilità sin da piccoli: in una squadra di calcio, ad esempio, il rispetto dei ruoli e dei compagni è fondamentale. Si deve ragionare pensando che non si è mai soli, ma impegnandosi sempre per fare in modo che tutti possano crescere insieme. L’allenatore o l’istruttore deve essere un punto di riferimento: fuori dal campo si scherza, ma in campo bisogna che sia ben definiti i ruoli. Ogni allenamento deve essere fatto al massimo perché ogni giorno in cui si va in campo svogliati è un giorno perso per se stessi e per gli altri”.
Ubaldo ha saputo trovare le giuste motivazioni ogni qualvolta ha deciso di avvicinarsi a una nuova disciplina. “La passione è alla base di ogni motivazione e quella non deve mai venir meno. Scordatevi l’idea che chi fa sport da giovane diventerà un campione: è difficilissimo emergere, ma è ancor più difficile far si che quell’esperienza resti come un segno tangibile nella propria esistenza. Oggi si da tutto per scontato, a volte anche l’affetto dei genitori che pure fanno dei sacrifici immensi per consentire ai loro figli di poter praticare uno sport e stare a contatto con una realtà reale, e non virtuale. Sarebbe bene ricordarsi più spesso di dire grazie ai propri genitori. E cimentarsi nello sport con impegno e grande dedizione è un altro modo per ricompensare i loro sforzi, economici e di tempo”. La storia di Cecilioni è coinvolgente e di per sé basta e avanza per far capire ai giovani d’oggi il vero valore di una vita vissuta sempre in prima linea. “Io oggi sono diversamente abile, il che significa che posso fare tutto, ma in modo diverso. Fino a quando non ho accettato la mia condizione sono stato male con me stesso e facevo stare male chi avevo al mio fianco, quando in realtà quelle persone si trovavano lì solo per aiutarmi e sostenermi. Adesso è diverso: gli altri sono un dono, la vita in sé lo è e posso ritenermi fortunato a essere ancora qui, perché sono rimasto attaccato per un filo quando la speranza di continuare a vivere era davvero piccola. E col tempo ho capito che vivere è meglio che sopravvivere. La cecità non mi ha impedito di avere una vita piena: grazie allo sport ho girato il mondo, addirittura ho preso il Cero per diversi anni durante la corsa pomeridiana (un caso unico nel suo genere), nell’ultimo week-end sono andato a Bologna a seguire la gara della Juventus assieme ad alcuni amici. Se tutto questo è stato e continua a essere possibile è perché sono determinato a far si che accada. Ed è questo l’invito che rivolgo a voi ragazzi: qualunque cosa facciate, accertatevi di farla al meglio, impegnandovi al massimo. Avete una bellissima opportunità e fatene tesoro”. Tantissimi gli applausi e gli interventi di giovani calciatori e istruttori che hanno saputo cogliere dalle parole di Ubaldo qualcosa di prezioso e unico per se stessi e il loro cammino. Non sapevano che nella loro città ci fosse una figura capace di trasmettergli sensazioni tanto forti. Del resto la scuola della vita è quella che più di ogni altra sa sorprendere.
Gubbio/Gualdo Tadino
18/12/2017 18:28
Redazione