E' un'Umbria che faticherà ad uscire dalla crisi economica post Covid, perchè ha forti debolezze strutturali già evidenti prima del lockdown; è un'Umbria in cui le imprese hanno deciso di rividere a ribasso i propri investimenti, in cui le famiglie decidono di non spendere preferendo accantonare e il lavoro è quanto mai incerto.
La fotografia l'ha scattata la Banca d'Italia nel rapporto sull'economia in Umbria presentato su piattaforma Skype dal nucleo per la ricerca economica della filiale di Perugia.
L'economia umbra era già in sofferenza nel 2019, con una ripresa debolissima, il 2020 con l'epidemia ha fatto crollare anche quegli indici che mostravano una crescita come quello dell'occupazione.
Ad oggi la situazione è questa. Sul fronte imprese, il 28 % delle quali sono rimaste sospese, il fatturato del primo semestre è crollato del 21% nei servizi e del 17% nell'industria . Tra i settori più danneggiati , l'edilizia con a marzo le ore lavorate dimezzate, il comparto turistico e cementiero , l’aerospace e l’abbigliamento. Per il turismo la ripresa sarà lenta, seppur in Umbria potrebbe essere migliore rispetto ad altre zone d'Italia perchè meno legata alla clientela straniera; per l'edilizia può giovare la ricostruzione.
Le ricadute sul mercato del lavoro sono state considerevoli: a marzo il numero di assunzioni di lavoratori dipendenti è stato del -52,5 % contro -50,9 per cento della media italiana. Il massiccio ricorso alla Cassa integrazione, nei primi quattro mesi superiore di otto volte rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e il divieto di licenziamento hanno salvaguardato le posizioni a tempo indeterminato, ma si prevede che nei prossimi mesi anche questa certezza possa cadere, poichè l' Umbria ha categorie lavorative più esposte alle conseguenze economiche della pandemia (commercio, alberghi e ristorazione).
Le condizioni delle famiglie umbre in questo quadro sono destinate a peggiorare, perchè rispetto all'Italia è minore il lavoro dipendente, ancora meno quello a tempo indeterminato. Forse anche per questo hanno deciso di non spendere : - 7 % la contrazione dei consumi; parallelamente hanno aumentato il risparmio sotto forma di depositi in conto corrente + 8,2 %.
Non va meglio per gli enti pubblici: i Comuni, a fronte di spese in gran parte incomprimibili, avranno meno introiti per lo slittamento degli incassi e le perdite di gettito; si stima un buco da le 30 milioni di euro .
L'ultima fotografia è quella relativa al Pil pro capite: all’inizio degli anni Duemila l’Umbria si collocava in un gruppo di regioni europee con un PIL pro capite superiore di circa un quinto alla media dell’Unione europea. Il PIL pro capite regionale oggi è sceso all’83 per cento.
Perugia
23/06/2020 19:19
Redazione