Ha fatto rumore la notizia apparsa sulla rivista specializzata Science Advances, legata ad uno studio condotto dall'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dal Dipartimento di Fisica e Geologia dell'Università di Perugia secondo cui sotto l'Appennino meridionale, nel Sannio-Matese, esiste in profondità una sorgente di magma che può generare terremoti "di magnitudo significativa" e più profondi rispetto a quelli finora registrati nell'area. C'è chi ha trovato ulteriori motivi di apprensione da questa scoperta, ma in realtà si tratterebbe di timori infondati: a dichiararlo, ai microfoni di TRG, è padre Martino Siciliani, storico direttore dell'Osservatorio "Bina" di Perugia e monitor vivente della situazione sismologica nel centro Italia ormai da decenni:
"Si tratta di una scoperta importante perchè ci rivela una nuova possibile causa di movimenti sismici ma legare questa scoperta a quanto accaduto nel 2016 o addirittura alla possibilità di nuove scosse mi sembra azzardato. La crosta terrestre presenta in tutto il pianeta delle aree dove è molto sottile e sotto questo strato superficiale di pochi chilometri è possibile vi sia la presenza di magma, la cui azione fluida potrebbe anche provocare movimenti tellurici. Ma ad esempio, negli eventi del 2016 l'epicentro è stato registrato a 4-5 chilometri di profondità. E la causa è sicuramente da rinvenire nel movimento di faglie appenniniche che tormentano queste zone da secoli. Credo che non sia opportuno allarmarsi. La situazione ora è dormiente ma sappiamo due cose: che non sarà mai possibile prevedere un terremoto, a meno di nuove scoperte tecnologiche che al momento ci sfuggono, e che l'unico modo per evitare conseguenze gravi è fare prevenzione”.