Mostro di Foligno: il tribunale di sorveglianza si riserva sulla perizia. I legali delle vittime: "Certi della sua pericolosità"

Il tribunale di sorveglianza di Firenze si e' riservato oggi in merito al ricorso dei difensori di Luigi Chiatti, il cosiddetto mostro di Foligno, che chiedono sia una perizia a stabilire se il loro assistito e' ancora socialmente pericoloso e quindi debba essere ricoverato in un ospedale psichiatrico giudiziale dopo avere terminato di scontare (nel carcere di Prato) la condanna a 30 anni di reclusione per gli omicidi di Simone Allegretti e Lorenzo Paolucci. La decisione sara' depositata nei prossimi giorni. Nell'udienza di oggi il pubblico ministero si e' opposto alla richiesta dei legali. I difensori di Chiatti, gli avvocati Guido Bacino e Claudio Franceschini, hanno invece sollecitato la perizia "per una valutazione piu' approfondita sulla situazione di Chiatti, qualsiasi essa sia". Nelle scorse settimane, il magistrato di sorveglianza aveva stabilito che Chiatti e' ancora "socialmente pericoloso", confermando dopo la condanna la misura di sicurezza per almeno tre anni. Secondo gli accertamenti svolti in carcere, in lui "e' assente qualsiasi revisione critica e consapevolezza" rispetto ai fatti commessi. Decisione alla quale si sono opposti i legali di Chiatti, che terminera' di scontare la sua pena detentiva nei prossimi mesi, con il ricorso al tribunale di sorveglianza. "Siamo certi che i giudici confermeranno la pericolosita' sociale di Luigi Chiatti che non e' incapace, seppur parzialmente, di intendere e di volere, a dispetto della sentenza della Corte d'appello di Perugia": a dirlo sono d'altro canto gli avvocati Ariodante e Giovanni Picuti, legali di parte civile per le famiglie delle vittime nel processo al mostro di Foligno. Per i serial killer - sottolineano i due penalisti - non puo' esservi alcuna redenzione, ma solo una sopita aspettativa di tornare a colpire. Chiatti non si discosta da questo schema. La responsabilita' decisionale del giudici e' grave. Ogni indulgenza potrebbe ricadere pericolosamente sulla societa' nella quale - concludono gli avvocati Ariodante e Giovanni Picuti - il condannato si ostina a chiedere il suo reinserimento".