Sono oltre 200 gli iscritti al quarto congresso nazionale "Fragility fracture network Italia" che si terrà a Perugia il 19 e 20 gennaio, presso l'hotel Giò, con focus sulla appropriatezza, qualità e sostenibilità del percorso ortogeriatrico. Parteciperanno ortopedici, professionisti nazionali ed internazionali, e attivisti nel campo della gestione e della prevenzione delle cadute e delle fratture da fragilità. Saranno presenti - si legge in una nota diffusa dall'Azienda ospedaliera di Perugia rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, inclusi Agenas e Mes Sant'Anna di Pisa, delle associazioni di pazienti come la Fedios-Federazione italiana osteoporosi e malattie dello scheletro, esponenti della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche, e delle società scientifiche italiane di ambito medico e chirurgico, come Siot, Siaarti, Ag, Sigg, Simfer, Siommms e Simg. Sono previsti anche collegamenti internazionali con professionisti del settore. "In Italia sono oltre 500 mila le persone che ogni anno riportano una frattura da fragilità a livello di femore, vertebre, polso, caviglia e omero" spiega il prof. Giuseppe Rinonapoli, responsabile scientifico del congresso e specialista ortopedico dell'ospedale di Perugia. "Le fratture da fragilità - aggiunge - sono la conseguenza di una ridotta resistenza ossea a seguito di un trauma minimo, quale ad esempio una caduta, o addirittura, si realizzano in maniera spontanea durante lo svolgimento di usuali attività". "Le fratture da fragilità generano grave danno alla persona ed assorbono numerose risorse del servizio sanitario nazionale" sottolinea il professor Auro Caraffa direttore di ortopedia e traumatologia al Santa Maria della Misericordia. "In maniera crescente, anche in rapporto all'avanzare dell'età della nostra popolazione - prosegue -, le fratture da fragilità richiedono ricoveri ospedalieri, interventi chirurgici, causano ricoveri prolungati con immobilità a letto". "Le fratture su persone fragili - sostiene la professoressa Patrizia Mecocci, direttrice di Geriatria dell'ospedale di Perugia - aggravano o favoriscono l'insorgenza di depressione e deterioramento cognitivo, aumentano il fabbisogno servizi riabilitativi e di assistenza domiciliare senza lasciare sconti a possibili complicanze medico-chirurgiche, finanche fatali". La professoressa Carmelinda Ruggiero, medico geriatra dell'ospedale di Perugia e responsabile scientifico del congresso ricorda che "in Umbria si contano circa 2.000 persone con frattura di femore all'anno, il 90% vive al proprio domicilio e circa il 70% è autosufficiente prima dell'evento". "La frattura di femore - spiega - risulta fatale per il 20% di essi entro l'anno, nonostante il ricovero ospedaliero, l'intervento chirurgico, l'avvio di programmi riabilitativo-assistenziali. L'80% è ancora vivo ad un anno dall'evento ma non ha recuperato il precedente stato di salute e di autosufficienza a 5 anni dall'intervento chirurgico per frattura di femore, il 60% è ancora vivo ma versa in una condizione di confinamento domiciliare, se non allettamento e o completa dipendenza altrui, in balia di ricoveri ospedalieri ricorrenti e ricerca di istituti residenziali. In questo scenario l'ortogeriatria si configura quale modello organizzativo-assistenziale ideale, dalla fase acuta al rientro al domicilio, per assicurare cure adeguate a persone anziane e meno anziane con fratture da fragilità. Infatti, le cure ortogeriatriche oltre che concentrarsi sulla gestione della fase acuta, (es. ricovero, intervento, complicanze ospedaliere), mirano a garantire il recupero della vitalità, funzionalità e qualità di vita della persona, con elevato grado di soddisfazione e beneficio per tutti. Questo grazie ad interventi medici, chirurgici e riabilitativi tempestivi, adeguati e personalizzati, oltre che basati su evidenza scientifica, e distribuiti lungo l'intero percorso di cura della persona, dal momento in cui cade, procurandosi la frattura, fino al ritorno al proprio domicilio, dopo l'ospedalizzazione e la riabilitazione. L'Ortogeriatria è la risposta migliore ai complessi bisogni di salute delle persone vulnerabili, in particolare quelle anziane. Quelle che, nonostante patologie e terapie farmacologiche, riescono ad esprimere un ruolo sociale ed un livello di indipendenza funzionale, ma che sempre più, dopo un evento acuto quale è la frattura di femore, necessitano dell'omeostasi dell'intero organismo per tornare alle condizioni precedenti. Partendo dunque dall'esigenza della persona ne deriva la necessaria risposta del sistema nell'offerta di interventi medici, chirurgici, riabilitativi ed assistenziali altamente integrati e finalizzati al mantenimento della vitalità intrinseca della persona, non più semplicemente la risoluzione della frattura femorale. È conosciuto, infatti, che a 50-65 anni le fratture da fragilità si palesano in siti minori, quali il polso e le coste, a 65-75 anni si estendono al sito omerale, vertebrale, al bacino, e dopo i 75 anni prevalgono a livello del femore per poi ulteriormente evolvere in pericolose ri-fratture peri-protesiche".
Perugia
17/01/2024 15:13
Redazione