Parla per immagini, colori. Come un profeta dei nostri giorni. Giancarlo Bregantini ha letteralmente incantato l’affollata platea che ieri sera ha gremito a Città di Castello la sala “Carlo Liviero” in occasione dell’incontro “Una Chiesa non indifferente”, organizzato dall’associazione “Altotevere senza frontiere Onlus”. Riuscendo a parlare con semplicità e a tutti, credenti e non credenti. L’arcivescovo di Campobasso, già vescovo di Locri, è partito dalla sua esperienza di vita: nato in Trentino, ha compiuto gli studi in seminario a Verona, lavorando due anni in una fabbrica di Porto Marghera a contatto con i preti operai: “Quell’esperienza mi ha insegnato a uscire dalle mura del seminario e a inserirmi in un ambiente, ad avere il coraggio di parlare con la gente”. Ordinato sacerdote, ha vissuto venticinque anni in Calabria e dal 2008 è Campobasso. Terre diverse, colori diversi. Dai paesaggi vivaci del Trentino ai colori accesi della Calabria, infiammati dalla bellezza ma anche da tanta violenza, ai colori sfumati, più dolci del Molise. Proprio questo è il compito della chiesa, per monsignor Bregantini: “Far vivere ogni terra dei colori che Dio le ha dato, e ogni cuore dei colori che il Signore ha posto dentro. La miglior forma di antimafia – ha spiegato - è il gusto del bello. Se diamo ai giovani il senso che la propria terra è da custodire, da amare, non la potrà sporcare con la mafia. Ma è un discorso valido per ogni realtà: bisogna mettere nei cuori dei ragazzi il gusto della bellezza, della gioia. Se perdiamo il sorriso, vuol dire che ci siamo rassegnati al male”. Parole semplici, ma concrete e profonde. Come agire? Come quando frana una collina, non si può solamente costruire una muraglia, ma piantare tanti alberi diffusi. Con un gioco di parole, Bregantini afferma che si parte dai “sogni” per arrivare, cambiando una lettera, ai “segni”. “Non basta avere un sogno - spiega il vescovo “antindrangheta” - cioè degli ideali o, per chi crede, aderire al disegno di Dio, ma servono i segni, i gesti concreti. Quando, dopo che avevano avvelenato i campi di una cooperativa nata sui terreni confiscati, ho lanciato la scomunica contro coloro che commettevano violenze mafiose – ha raccontato – è stato un segno che ha colpito gli ambienti della ‘ndrangheta più di quanto mi aspettassi. Un boss in carcere mi disse: per la prima volta ci siamo sentiti anche noi maledetti da Dio. Ecco, la chiesa ha degli strumenti che a volte potrebbe utilizzare in maniera più efficace.” Il bene, la bellezza, il “sogno” di Dio devono farci arrivare – conclude Bregantini – ad essere dei “segni luminosi e coerenti” nelle scelte concrete: lavoro, ecologia, energia, economia, politica. L’incontro si inserisce nel ciclo “ContATTI”, organizzato da “Altotevere senza frontiere Onlus” per creare momenti di riflessioni con persone che si siano impegnate per gli altri in vari campi, che proseguirà nei prossimi mesi.
Città di Castello/Umbertide
28/10/2010 18:04
Redazione