C.Castello: scoperti lavoratori in nero, 4 arresti

Quattro persone di etnia cinese arrestate, sedici lavoratori in nero scoperti ed un capannone industriale di 1.200 metri quadri con 25 macchine da cucire ed altre attrezzature destinate alla produzione, sequestrato: è questo l'esito di una operazione condotta dai finanzieri della Tenenza di Città di Castello della Guardia di Finanza, con l'ausilio di colleghi della Compagnia di Perugia che in attuazione delle direttive impartite dal Comando Regionale Umbria, hanno bloccato un pericoloso fenomeno di lavoro e sfruttamento della manodopera clandestina. Gli uomini della GDF dopo una attività investigativa, hanno scoperto nella zona industriale di Cerbara, un capannone utilizzato per il confezionamento di capi di maglieria in cashmere destinati al mercato nazionale. Lì sono stati trovati i lavoratori in nero, tutti cinesi che oltre a confezionare capi di abbigliamento, vivevano in piccoli ambienti che servivano da dormitorio, bagno, dispensa e cucina, tutti maleodoranti ed in pessime condizioni igieniche. L'attività era gestita da un cinese Z.M. di 34 anni arrestato, trapiantato a Città di Castello da oltre 10 anni, il quale utilizzava 15 suoi connazionali, tra cui 10 donne. Durante i controlli e la perquisizione del capannone sono stati rinvenuti anche topi morti. Pochi euro al giorno era la paga per operai che lavoravano sin dal primo pomeriggio e fino alle 5 del mattino successivo. I finanzieri - è detto in una nota del comando di Città di Castello - dopo aver identificato i lavoratori all'interno dell'opificio, hanno appurato che dieci di essi non avevano alcun documento che ne giustificasse la presenza sul territorio nazionale. E' anche emerso che tre dei cinesi, erano in Italia in modo in modo illegale, poichè colpiti già da provvedimenti di espulsione emessi da altrettante autorità di Pubblica Sicurezza. I tre sono stati arrestati; con giudizio per direttissima ha confermato per due di loro lo stato di arresto e successiva espulsione, mentre per il terzo il Tribunale ha rinviato l'udienza al 2 settembre in attesa di ulteriori accertamenti a cura dell'Ufficio immigrazione della Questura di Perugia. Gli uomini della GDF hanno accertato che le lavoratrici erano state fatte venire in Italia con false attestazioni come badanti o colf, ma riferite a località ben lontane dall'Umbria, soprattutto nel nord-Italia.