Recentemente segnalati nello speciale Guida Salute della rivista FOCUS tra le strutture che in Italia hanno raggiunto risultati nettamente migliori della media statistica nazionale, i Centri Ictus degli ospedali di Città di Castello e di Gubbio-Gualdo Tadino – dirette da Stefano Ricci, primario aziendale di Neurologia della ASL 1 e coordinatore nazionale per l’Italia dello studio IST3 - registrano numeri bassissimi in termini di tasso di mortalità (il 4,05% in Alto Tevere e il 2,75 in Alto Chiascio) e rischio di ricovero nel mese successivo alla dimissione (meno dell’11% in Alto Tevere e il 9,21 in Alto Chiascio). “I Centri Ictus di Città di Castello e Gubbio-Gualdo Tadino sono operativi dal 2009 – spiega il direttore generale della ASL 1 Andrea Casciari - con 6 letti dedicati in ciascuna sede. In ciascun Centro Ictus operano, insieme agli 8 medici della unità operativa di neurologia, 6 infermieri professionali specificamente addestrati e dedicati, 6 operatori sanitari, una fisioterapista a tempo pieno e una logopedista a tempo parziale; è inoltre prevista stabilmente la consulenza del medico fisiatra e della diestista, mentre altre consulenze (cardiologiche, diabetologiche, neurochirurgiche, ecc) vengono rapidamente eseguite su richiesta. “Al considerevole aumento della durata della vita registrato negli ultimi decenni – prosegue Casciari - corrisponde un aumento proporzionale dell’incidenza di patologie mortali o altamente invalidanti come l’ictus, che nella società contemporanea è la terza causa di morte subito dopo le patologie cardiovascolari e le neoplasie e la prima causa di disabilità nei soggetti anziani. Il ruolo del Centro Ictus è quello di assistere il paziente nella fase acuta, implementare le necessarie terapie anche di prevenzione secondaria e creare il percorso assistenziale e riabilitativo al momento della dimissione. Il tutto supportato da un programma integrato per la lotta all’ictus cerebrale che in Italia colpisce da 150 a 200 mila persone l’anno, che la nostra azienda si impegna a promuovere e sostenere attraverso informazione, prevenzione, assistenza, accesso a cure adeguate sia nella fase acuta che riabilitativa, sostegno psicologico a pazienti e familiari”. Gli aspetti principali dell’iter diagnostico comprendono le indagini neuro radiologiche, indagini di secondo livello di pertinenza cardiologica (ETE) o neuroradiologica (angiografia digitale), e inoltre lo studio neurosonologico del circolo extra ed intracranico, una diagnostica non invasiva utilizzata sia a Città di Castello che a Branca, che si basa sull’uso degli ultrasuoni (sia sotto forma di Ecografia, sia di segnale Doppler), e che permette anche di evidenziare una particolare anomalia cardiaca (la pervietà del forame ovale), possibile causa di ictus specie nei giovani. Inoltre, grazie anche alla partecipazione allo studio IST 3 da poco conclusosi con successo, nei due presidi ospedalieri dell’Alto Tevere e Alto Chiascio, viene praticata in maniera crescente la innovativa terapia trombolitica per l’ictus ischemico che ha aperto nuovi scenari di cura e importanti benefici, in termini di sopravvivenza senza handicap residui, anche per i pazienti più anziani. Lo studio IST 3 (che ha incluso 3.035 pazienti in 12 paesi del mondo e al quale hanno partecipato i centri di Città di Castello e Branca) ha dimostrato che la terapia con il farmaco r-tPA - molto efficace ma fino a pochi mesi fa limitata a meno del 2% dei pazienti - possa essere somministrata anche a persone di età superiore agli 80 anni (la stragrande maggioranza dei pazienti colpiti) e dopo le 3 ore. Resta inteso che tale terapia è tanto più efficace quanto più precocemente viene praticata e in tal senso è fondamentale la collaborazione del personale del 118-PS, che si impegna a garantire un pronto arrivo del paziente con sospetto ictus in ospedale.
Gubbio/Gualdo Tadino
12/10/2012 12:07
Redazione