Le recenti contromisure messo in atto dalla Regione, alcune di attuazione immediata, altre che saranno invece inserite nel prossimo calendario venatorio, hanno posto ancor più in risalto l'emergenza dell'iperbolica proliferazione dei cinghiali in Umbria, che oltre a devastare le coltivazioni agricole rappresentano un problema anche in termini di sicurezza per la pubblica incolumità. In nove anni i danni inferti dai cinghiali agli allevamenti e all’agricoltura in Umbria sono costati alle casse pubbliche quasi 7 milioni di euro, causando un deficit notevole alle aziende agricole regionali.
Tra queste c'è la tenuta di Biscina storicamente gestita dalla famiglia di Giacomo Manuali, giovane produttore agricolo che ha messo in piedi l'azienda "Agris", che siamo andati a trovare proprio per capire la situazione e le problematiche di una zona, quella tra Gubbio e Perugia con ettari di verde adibiti alle coltivazioni, che soprattutto per l'invasione di ungulati attanaglia in maniera spesso esiziale i produttori agricoli.
"Ora la situazione è di tregua - dichiara Giacomo Manuali di Agris - il periodo peggiore è quello delle semine tra Ottobre e Novembre ma la situazione si aggraverà poi anche in Primavera quando gli animali torneranno ad abbattere il raccolto per nutrirsi. Il territorio è vasto, i danni ci sono e nelle nostri voci quando facciamo i conti aziendali dobbiamo per forza inserire quella che può essere la variabile di danno causata da ungulati. Il danno spesso non è diretto ma indiretto, visto che i danni dai cinghiali ci fanno escludere a priori determinate tipologie di raccolto che un'azienda come la nostra, che fa zootecnica, avrebbe bisogno, eliminandoci un autoapprovvigionamento e causando così un aumento di costi aziendali notevole".
Ai danni alle colture e le susseguenti ingenti perdite economiche degli agricoltori va aggiunta la problematica delle patologie ed infezioni suine che possono causare il blocco di un'altro settore, quello della produzione di insaccati, assai vasto nela regione e per questo, come ci spiega il presidente di Confagricoltura regionale Fabio Rossi tale emergenza va quanto prima frenata per poi pensare alla fauna selvatica e ai cinghiali come una risorsa:
"L'inizio e l'approccio della Regione è stato incorraggiante - dichiara Fabio Rossi - per mettere l'agricoltura e gli agricoltori al centro del dibattito con la possibilità di poter fare impresa. Il nostro territorio, sia per le molteplici aziende agricole presenti che per l'afflusso turistico, ha necessità di essere ben curato e coltivato, aspetto che non va assolutamente d'accordo con la moltitudine di cinghiali nelle nostre zone. Inoltre le patologie suine possono portare alla chiusura di un reparto molto importante come la produzione di carne di maiale e di insaccati. Il problema va risolto rapidamente, limitando la presenza di cinghiali nelle aree agricole, confinarli e farne anche una risorsa. I cinghiali potrebbero difatti essere una risorsa ma solo risolto il problema principale della proliferazione: vorremmo difatti destinare aree ben delimitate e recintate per caccia, allevamento e produzione"
Per questo, al fine di provare a tutelare il lavoro agricolo nonché la sicurezza di turisti e cittadini, serve unione e condivisione tra i vari interlocutori della vicenda, tra cui ovviamente ci sono anche le associazioni venatorie per cui, sempre per parola di Fabio Rossi, è necessario fare un importante distinguo
"Ci sono casi virtuosi di associazioni e squadre che fanno in maniera esemplare il proprio lavoro - analizza Fabio Rossi - altri casi invece dove in maniera pretestuosa e spesso non corretta e conforme alla legge la selezione non viene fatta come dovrebbe invece esser eseguita. In questo caso andrebbero preso provvedimenti drastici per allineare l'operatività delle associazioni".
Immagini e interviste lunedì sera 24 febbraio alle ore 21 nella rubrica "Trg Plus" (replica martedì ore 13.30).

Gubbio/Gualdo Tadino
22/02/2020 09:17
Redazione