Il 19 giugno si è conclusa la settimana autogestita del paziente diabetico organizzata dall’Associazione Diabetici Eugubini (ADE) in collaborazione con il Servizio Diabetologico Alto Chiascio della ASL n.1 dell’Umbria. L’esperienza di questo singolare ‘campus’ ha dimostrato ai partecipanti che educare ad uno stile di vita adeguato non comporta necessariamente sacrifici ma produce uno stato di benessere immediato o a breve termine, i modelli comportamentali acquisiti, dall’alimentazione all’attività fisica, sono riproducibili nella quotidianità. L’educazione terapeutica di gruppo ha permesso il confronto di esperienze e la correzione di errori in un contesto privo di giudizio rivelandosi un valido strumento per rinforzare la motivazione del paziente a curarsi. “E’ significativo il fatto che questo progetto dedicato alla promozione di corretti stili di vita per i diabetici – ha sottolineato il direttore generale della ASL 1 dell’Umbria Emilio Duca - in poco più di una settimana aveva già superato i confini regionali diventando un esempio per le aziende sanitarie e le associazioni di diabetici della Toscana. L’idea di una settimana comunitaria fondata sull’autogestione del paziente è nata dalla consapevolezza che il paziente deve affrontare un percorso che esige una corretta e precisa informazione sulla malattia ed il suo trattamento al fine di arrivare ad una accettazione e gestione attiva della malattia stessa”. La direttrice del servizio diabetologico dell'ospedale di Branca Cecilia Marino e la presidente dell’associazione ADE Paola Palazzari hanno stilato una relazione che mette in evidenza i risultati di questa esperienza che ha coinvolto 35 pazienti con le famiglie. L’educazione terapeutica è lo strumento fondamentale per il diabetologo ed il paziente, nella gestione comune della malattia cronica e deve essere applicata fin dalla diagnosi; rappresenta con la dieta, l’esercizio fisico e la terapia farmacologica, uno dei pilastri per la cura del diabete. E’ fondamentale quindi lavorare sull’aspetto motivazionale, sia del paziente che dell’operatore. Il confronto quotidiano con la malattia che non guarisce e comporta la messa in atto di comportamenti di controllo continuo della propria condizione di salute (iniezione di insulina, pratica dell’autocontrollo della glicemia capillare, ecc.), nonché lo sviluppo delle complicanze, mettono il paziente in una condizione di stress e di sfiducia nelle proprie capacità, che può sfociare poi nell’abbandono della terapia stessa e dei controlli. L’obiettivo è pertanto quello di fornire al paziente corrette ed aggiornate informazioni sulla malattia (sapere), le terapie, i controlli necessari, le complicanze e la loro prevenzione e gestione; inoltre il paziente deve essere addestrato (saper fare) a gestire praticamente ed autonomamente la terapia e ad essere in grado di effettuare l’autocontrollo. Tutto ciò permette al paziente, attraverso un cambiamento permanente del proprio stile di vita (saper essere), di gestire nel quotidiano la propria condizione, attraverso scelte corrette e consapevoli, in autonomia e nella piena accettazione della malattia. Solo in questo modo potrà convincersi a curarsi e ottenere i risultati da noi auspicati. Nella cronicità, quindi, il medico deve imparare a controllare la malattia attraverso il paziente arrivando a un’alleanza terapeutica che è uno degli obiettivi fondamentali della terapia educativa. Diventa a questo punto evidente che solo una corretta motivazione consentirà al paziente di fare propria una strategia di cura e gli permetterà di percorrere questo cammino. L’educazione terapeutica in gruppo permette il confronto di esperienze e la correzione di errori in un contesto privo di giudizio e può essere un valido strumento per rinforzare la motivazione del paziente a curarsi. “Come abbiamo analizzato e dimostrato – afferma la direttrice del servizio diabetologico dell'ospedale di Branca Cecilia Marino - riuscire a motivare il paziente deve diventare momento fondamentale nella gestione di una patologia cronica, infatti il medico può davvero controllare la malattia attraverso il paziente, ma solo con la sua complicità. Purtroppo, però, riuscire a ottenere un paziente motivato è solo l’inizio di un lungo cammino che lo porterà a fare propria una strategia di cura. La settimana autogestita è nata proprio dall’esigenza di rendere il paziente consapevole in prima persona che la sua patologia può essere l’espressione di una ‘malattia sana’ dove concretizzare il concetto astratto di “sana alimentazione” piuttosto che di dieta forzata”. Il menù della settimana stilato dalla dietista del Servizio Diabetologico Alto Chiascio della ASL n.1 (dottoressa Petrelli) con la collaborazione di una dietista tirocinante (dottoressa Pascolini), che prevedeva la composizione nutrizionale di ciascun pasto, ha offerto l’opportunità di scoprire, dalla colazione alla cena, che l’equilibrio alimentare non vuol dire sacrificio, e che è possibile trarre soddisfazione e piacere dall’alimentazione e allo stesso tempo avere una gestione consapevole della realizzazione dei pasti, attraverso una serena scelta di cibi bilanciati. Alla sana alimentazione è stata associata una adeguata attività fisica svolta da professori esperti in fitness metabolico che già seguono i pazienti diabetici nelle palestre durante l’inverno e che hanno individuato dei percorsi adeguati alle diverse esigenze delle persone. Tutti hanno partecipato in modo attivo alle passeggiate guidate della durata di un’ora e alla fine della settimana tutti sono stati d’accordo nell’affermare che questa esperienza è riproducibile nella quotidianità. “I pazienti che hanno partecipato a questa prima esperienza di ‘campus’ – ha precisato la presidente dell’associazione ADE Paola Palazzari - sono stati circa 35; insieme a loro erano presenti le loro famiglie. Tutti erano alloggiati in un agriturismo in Toscana ed esattamente a Camucia di Cortona, individuato con molta difficoltà dalla Associazione Diabetici Eugubini in quanto doveva rispondere a delle particolari caratteristiche quali le camere a 2 letti e la cucina e la sala di ristorazione in comune”. Da un punto di vista clinico, pazienti in sovrappeso con BMI superiore a 30 hanno perso fino a 3 Kg in una settimana mentre le persone in normopeso hanno modificato la circonferenza vita e tutti hanno ridotto la posologia della terapia farmacologica sia essa insulinica che con ipoglicemizzanti orali. In particolare, una paziente in trattamento con insulina a schema multiniettivo ha rilevato una iperglicemia da stress e successivamente una ipoglicemia tardiva. “Tale esperienza è quindi servita per un approccio terapeutico sia di gruppo sia individuale - ha specificato la dottoressa Cecilia Marino - mettendo in risalto l’esperienza diretta con la conoscenza scientifica che in ambiti diversi non è possibile attuare. Un altro aspetto importante dell’esperienza è stata la esternazione della ‘emotività’ mettendo in luce tutta la paura, il rifiuto, la rabbia e la frustrazione che vengono descritte nella malattia cronica ma che nella nostra attività quotidiana ambulatoriale non riusciamo a cogliere”. “Inoltre la cosa che ha reso particolarmente gradevole la permanenza – ha concluso la presidente dell’Ade Paola Palazzari - è stata la generosità, la semplicità, l’amicizia che ha unito il gruppo di partecipanti liberandoli da ogni riservatezza e insieme condividendo le ansie. Concludendo dalla esperienza è emerso che educare ad uno stile di vita adeguato non comporta sacrifici ma uno stato di benessere”.
Gubbio/Gualdo Tadino
28/06/2010 12:03
Redazione