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L’artista Paride Bianco porta il Focus del suo operato artistico degli ultimi cinquant’anni in mostra a Gubbio

L'artista Paride Bianco porta il Focus del suo operato artistico degli ultimi cinquan'anni in mostra a Gubbio. A Palazzo del Bargello la personale del pittore veneto, in mostra fino a fine settembre.

Mezzo secolo di carriera è indubbiamente un traguardo di straordinaria soddisfazione per ogni professionista, a maggior ragione per un artista, un pittore, che celebra ogni giorno attraverso le sue opere, un amore continuo e perenne per la sua missione. Così Paride Bianco, con la mostra FOCUS 1968-2018 porta a Gubbio un excursus completo della sua produzione degli ultimi cinquant’anni. La mostra voluta dall’Associazione Culturale La Medusa, patrocinata tra gli altri, dal Comune di Gubbio, sarà inaugurata sabato 8 settembre alle ore 11.30 alla Galleria d’Arte Contemporanea di Palazzo del Bargello. Paride Bianco nasce a Martellago (VE), dove la famiglia sfollata trova rifugio dalla guerra. È discendente per linea materna da Domenico Zampieri, detto il Domenichino ed è riconosciuto grande erede della tradizione coloristica veneta. Nasce “artisticamente” a Milano, dove disegna e dipinge fin da giovanissimo guardando i musei, la Biennali, le gallerie storiche. Ma la famiglia è bisognosa, dunque Paride deve pensare a lavorare, ben presto abbandona perciò l’idea di studiare pittura, per la frequenza di un istituto tecnico. Isolato dagli ambienti deputati, studia e dipinge nella soffitta della casa di Mestre, dove la famiglia è ritornata dopo la guerra. Si forma da autodidatta, nella Venezia di Novati, Seibezzi, Guidi, Gianquinto, Borsato, ma guarda ad Armando Pizzinato, di cui condivide l’idea politica, lo studio dei segni e il concetto di rapporto artista-tempo. Cresciuto nello spirito sessantottino a vocazione antiaccademica, Paride studia la storia dell’arte, l’anatomia artistica, si confronta con altri giovani artisti e tenta una prima esperienza in linea con lo spazialismo, nella sua prima mostra di disegni a china alla Galleria “La Torre” di Mestre (1968), il cui originale de “Dietro un recinto” è conservato nella documentazione dell’A.S.A.C (Archivio storico delle arti contemporanee della Biennale di Venezia). L’incontro con il gallerista Graziani è determinante, poiché vede in lui un potenziale grande colorista e lo incita a seguire la sua strada. Nel 1970 sposa Giuliana Donzello, che gli dà una figlia, e la cui figura diventerà fondamentale per il suo futuro d’artista. Inizia il periodo della neofigurazione e dell’espressionismo astratto con prestiti baconiani che apre alle mostre della Galleria Bevilacqua La Masa” di Venezia. Nel 1971 ottiene il premio acquisto del Comune di Venezia per l’opera “Uomo della borghesia”, oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, mentre opere analoghe, come il “Don Chisciotte” e “Agosto a Roma” entrano a far parte di collezioni private. Un secondo evento importante è la frequentazione di Milano e dei galleristi Fumagalli, Schwarz e Gianferrari. ai quali porta i quadri in visione. Lawrence Johns e Maurizio Scudiero riconoscono in lui l’erede delle emozioni di Boccioni e di Kandinskji , vicino alle  creazioni di Depero, e assai di più al linguaggio compositivo del Severini della serie “Il boulevard”. Paride si immerge completamente nel colore, studia i metodi per fabbricarli, mesticare le tele, usare le colle vegetali come la resina di pino o la lacca sciolta in alcool. Inizia a studiare Arnheim e Merleau-Ponty, ma anche i grandi filosofi del linguaggio, da Benjamin a Popper, ma è di Benveniste per il quale “la realtà di un oggetto non è separabile dal metodo impiegato a definirlo” la porta che apre alla stagione dell’Ostatismo, imperniata sulla verifica della possibilità espressive del calco. Tutta la ricerca di Paride Bianco si può datare dalla visita alla Guggenheim negli Anni Settanta, dov’erano esposte “La vestizione della sposa” e “L’antipapa” di Max Ernst. A differenza di M Ernst, la cui ricerca del frottage è su come evitare l’applicazione diretta del colore e con quali mezzi ottenere la forma o l’oggetto pittorico da materiale estraneo, Paride utilizza un bassorilievo, lo organizza in funzione di una visione che risponda alla sua necessità compositiva. Non vi è nulla di occasionale o di metaforico: la superficie del calco è progettata per ottenere un risultato che accolga il fondamento dell’opera, lasciando al colore il riscatto delle emozioni e del dialogo. Come ebbe a scrivere Lawrence Johns (2001), “le emozioni potenti e spesso sconosciute, generate dalla serie dei “Sogni della Madre Terra” possono essere soddisfacentemente capite permettendo alle immagini astratte di lavorare sull’inconscio. Queste sensibilità complicate sembrano essere simultaneamente nuove e vecchie, moderne e primitive, ma non vediamo archetipi di Jung, nessun simbolismo di Freud. E la “madre” del titolo? è Gaia, la Madre Terra, e questi sono i suoi sogni”. La mostra “Focus”, di Paride Bianco sarà aperta al pubblico fino al 30 settembre.

Gubbio/Gualdo Tadino
05/09/2018 18:31
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