E' tornato a casa Mansueto Bianconi, non la sua, quella di San Benedetto Vecchio dalla quale fu portato via dai nazisti il 12 maggio del 1944, ma quella in via Aristotele a Gubbio di suo fratello Mario.
E' tornato dopo quasi 74 anni, in una piccola bara di legno, avvolta da una bandiera italiana, riportato in Italia ieri pomeriggio da un aereo di linea atterrato a Fiumicino, proveniente da Monaco di Baviera. Ad aspettarlo c'erano Elio e Mario, commossi ma felici per aver ritrovato se non la persona, almeno le spoglie di quel fratello di cui ricordano solo l'immagine drammatica del giorno in cui fu portato via dai tedeschi.
Loro, i fratelli più piccoli di una famiglia contadina con 9 figli, due anni Mario, 5 anni Elio, hanno fissato il loro primo ricordo d'infanzia in quella giornata del 12 maggio del '44, quando il cielo sembrava già piangere per una prossima sciagura tanta acqua cadeva in quella mattina, quando la casa contadina fu accerchiata dai tedeschi che rastrellavano per le campagne i giovani in forze. Toccò a Mansueto, all'epoca diciassettenne, e a nulla valse il tentativo del papà Ubaldo di tenerselo stretto al petto: un calcio di fucile lo allontanò, lo stesso fucile che, puntato al collo del giovane, gli intimò di seguirlo con parole incomprensibili che suonavano di terrore. Mansueto morì quasi un anno dopo, in Germania, il 28 maggio del 1945, in un luogo sconosciuto, in un posto che nessuno sa, per motivi che i fratelli non sono riusciti a conoscere
I familiari sanno che Mansueto passò quasi un anno internato in un campo tedesco, ma non sanno cosa accadde lui dopo la fine della guerra, né i motivi della morte, né chi lo seppellì in un cimitero italiano a Monaco di Baviera. Di Mansueto l'esumazione non ha fornito risposte sulle cause del decesso, solo un effetto personale, un pettinino che il ragazzo usava tenere nel taschino della giacca e che oggi è per i fratelli Bianconi l'unico suo ricordo
Mario ed Elio e con loro gli altri tre fratelli ancora vivi Vittorio, Giulia e Rina, non hanno fotografie di Mansueto, né lo ricordano nelle sue fattezze; da sempre guardano caparbi dentro una vecchia fotografia di gruppo degli anni '40 del Novecento, scattata a San Benedetto Vecchio durante la mietitura. Tra quei volti sorridenti c'era sicuramente anche il fratello, colto in un momento di festa, ma nessuno di loro sa riconoscerlo.
Dopo quel terribile 1944, Mansueto è vissuto solo nel ricordo della mamma Teresa, in quel rosario che recitava ogni sera prima di addormentarsi in memoria del figlio, mamma Teresa scomparsa nel 1993, ma di fatto morta nel cuore già quel 12 maggio di tanti anni fa. E' per lei che i figli hanno voluto trovare i resti di Mansueto, portalo a casa seppur in una bara, grazie anche all'aiuto di molti, il sindaco Filippo Stirati di Gubbio, gli uffici comunali , il Ministero della difesa.
La bara ora è sepolta nel cimitero di Pietralunga, dove riposano anche i genitori di Mansueto, Ubaldo e Teresa; la ricerca della verità però non è finita qui : sapere come è vissuto e come è morto questo fratello, è l'impegno che la famiglia si è presa per il futuro . Non sanerà la ferita, ma aiuterà a capire e forse, capendo, aiuterà ad accettare dopo tanto tempo la morte di un ragazzino, un civile , la cui unica colpa fu avere 17 anni.
Gubbio/Gualdo Tadino
09/02/2018 15:09
Redazione