Non è davvero un primato di cui andare orgogliosi. L’Umbria per il secondo anno consecutivo è la regione peggiore d’Italia per andamento del Pil, prodotto interno lordo. Il dato è relativo al 2017, un anno che ha fatto segnare per 17 regioni italiane un segno positivo, l'Umbria non solo è tra le tre negative, ma ha il trend più nero. Il Pil pro capite precipita infatti all’83,1% della media nazionale e al 71,3% della media del Centro-Nord. Mai è andata così male.
Nel dettaglio la nostra regione – secondo il rapporto Svimez anticipato nei giorni scorsi dalle colonne del Corriere Nazionale, testata on line in forte crescita e da poco sbarcata anche sulle principali rassegne stampa tv – fa segnare un -1% contro il +1,5% nazionale.
L’Umbria è una delle regioni italiane (le altre sono Marche e Molise, ma con flessioni assai minori) dove il Pil nel 2017 scende, mentre in tutte le altre cresce. Lo tsunami economico continua inesorabile, con la regione che declina e scivola sempre più verso il Sud. Mentre quasi tutte le regioni italiane sono uscite dalla recessione, l’Umbria vi è ancora completamente dentro. E non si vede una luce in fondo a questo tunnel che appare infinito. L’assenza di un vero dibattito pubblico complica le cose e aggrava una situazione già pesante da anni: l'ex cuore verde d'Italia infatti tra il 2008 e il 2014, ossia il periodo più duro della grande recessione, ha marcato il calo più pesante del Pil (-17,1%, contro -8,6% della media nazionale e -8,3% di quella del Centro). L'Umbria rappresenta dunque una vera e propria anomalia: è una regione territorialmente del Centro-Nord ma che anno dopo anno scivola verso il Sud. Con ripercussioni evidenti sui livelli di benessere, come dimostra il forte aumento registrato in Umbria delle famiglie e delle persone in povertà assoluta e in povertà relativa, testimoniato dagli ultimi dati Istat che sono stati oggetto di un precedente rapporto di Mediacom043, l'agenzia studi statistico-economico diretta dal giornalista Giuseppe Castellini, firma autorevole del Corriere nazionale.
In 17 anni, quindi, in termini di Pil per abitante la regione ha perso ben 14,1 punti percentuali rispetto alla media nazionale, che peraltro non è che sia andata bene.
Un declino ventennale grave e strutturale, come dimostra il fatto che, se nel 1995 il Pil per abitante dell’Umbria era il 99% della media italiana, come visto scende al 98% nel 2000 per poi flettere al 94,7% nel 2005, risalire leggermente al 95,2% nel 2007 e precipitare durante la grande recessione al 91,7% nel 2010, fino a scendere all’86,1% nel 2016 e infine precipitare all’83,9% nel 2017. Insomma, uno tsunami economico, facendo molto peggio di quanto non abbia fatto la media del Paese.
Nelle altre regioni l’incremento più alto della ricchezza prodotta nel 2017 spetta alla Valle d’Aosta (+2,6% in termini reali, ossia al netto dell’inflazione), seguita da Trentino Alto Adige (+2,5%), al terzo posto la Lombardia (+2,2%). Quindi addirittura la Calabria (+2%), la Sardegna (+1,9%), Campania e Liguria (entrambe con + 1,8%). Ripresa sì, insomma, ma debole. Con l’Umbria invece triste fanalino di coda. Commentando questi numeri lo stesso Giuseppe Castellini parla di debolezza strutturale che emerge nel tessuto produttivo umbro, una gracilità dell’economia regionale, che si trova in un declino dove pochi sono i salvati e molti i dannati. Si deve aprire un dibattito vero, non viziato da contingenze politiche ed elettorali, su quando è avvenuto e sta avvenendo per condividere un’analisi e individuare percorsi di un possibile sviluppo sia nel breve che nel medio-lungo periodo. Invece – continua Castellini – i luoghi e i momenti di dibattito, analisi e condivisione sono più rari nonostante dati e andamenti ormai imbarazzanti, come se il non parlarne e il nascondere serva a qualcosa”.
Perugia
02/08/2018 12:20
Redazione