Grazie al patrocinio della locale Amministrazione Comunale, dal 22 settembre al 20 ottobre 2008 le sale espositive degli “Arconi” di via Baldassini a Gubbio ospitano una selezione di lunghe e disciplinate meditazioni calligrafiche, pittoriche e scultoree legate alle effettive e personali esperienze della milanese Myo e dell’eugubina Nath. Appartenente al livello superficiale, il comune riferimento alla religione orientale si approfondisce in una ricerca estetica rigorosa e razionale, lontanissima dai deliri “new age” e dal riaccendersi della “vague” mistico-orientalista, incapaci di modificare la produzione artistica contemporanea occidentale. Myo e di Nath sanno bene che l’ebbrezza d’Oriente rischia di volgere il percorso più serio e regolato in “moda” culturale, ma sanno altrettanto bene che non è il caso di farsi ricattare dalla stupidità altrui. Le opere sono lì, e ognuno di noi potrà giudicare, criticare e controllare sino a che punto le visioni del mondo proposte sono accettabili dalla sua coscienza. Ad emergere sarà l’autonomia espressiva dei lavori in mostra: se infatti quelli di Myo affidano al rigore calligrafico il dominio della gestualità, facendo della scrittura manuale una nobile, e forse anche magica, arte del controllo psicosomatico, le pitture e le sculture di Nath cedono il campo alla fecondità del caso, alla libertà del gesto pronto a cogliere ogni suggerimento formale proveniente dalla materia, sia essa una colata cromatica da armonizzare inclinando la tela, o un pezzo di legno da intagliare seguendo le potenzialità strutturali dell’informe. Tuttavia, pur battendo vie così diverse, tali opere condividono un atteggiamento di fondo. La diversità di tecniche e di linguaggi utilizzati da Myo e Nath non basta infatti a celare il comune riferimento ad un modo di comunicazione capace di correlare un gesto fisico, corporale, regolato ad un inestricabile complesso di valori estetici, linguistici, sociali, metafisici. Isole di silenzio nell’horror vacui della chiacchiera, i gesti manuali inscritti nel tessuto delle opere in mostra non si oppongono all’inevitabile destino di distruzione che accompagna ogni essere e oggetto di questo mondo, ma semmai vi si affidano, facendone il punto d’avvio e la destinazione ultima d’una pratica infinita nella quale tutto il soggetto, inscindibile unicum di mente e corpo, di materia e di spirito, è definitivamente coinvolto. Myo e Nath ci ricordano che la scrittura, così come la pittura e la scultura, sono linguaggi e che il primo linguaggio dell’umanità è stato un linguaggio formulato a gesti. Un linguaggio altamente informativo, e perciò in opposizione al terrore del vuoto che pare caratterizzare gran parte della produzione artistica contemporanea. “Molecole di silenzio”, il titolo della mostra, rende ragione della convergenza di due direzioni di ricerca, le quali, trovando spazi nel troppo pieno del rumore espressivo e semantico, lasciano venire al mondo i miti sui legami originari della scrittura con l’arte, figurativa o astratta che sia.
Gubbio/Gualdo Tadino
19/09/2008 18:05
Redazione