Primo anno di attività per il centro ictus dell’ospedale di Branca e il dottor Stefano Ricci, direttore della struttura complessa aziendale di Neurologia della ASL 1 e coordinatore nazionale per l’Italia dello studio IST3 (trombolisi nell’ictus ischemico acuto), fa un primo bilancio in occasione dei festeggiamenti che hanno avuto luogo oggi (giovedì 1 luglio) nella struttura dell’ospedale eugubino alla presenza del direttore generale Emilio Duca. Dedicato alla terapia, allo studio e all’assistenza delle persone colpite da ictus cerebrale ischemico o emorragico, il centro è una vera e propria unità di terapia semi-intensiva messa a regime il primo luglio 2009 inizialmente con 4 posti letto saliti ora a 6, e con personale specializzato interamente dedicato: 1 fisioterapista per la riabilitazione, 6 infermieri professionali specializzati a cui si aggiunge il personale OS, 2 medici e il primario. Il Centro Ictus è stato riconosciuto dalla ASL come “struttura semplice” e sono in programma le procedure di accreditamento. Oltre all’accesso alle attrezzature neuroradiologiche indispensabili per la corretta diagnosi ed il trattamento dei pazienti (TC e RM) e all' utilizzo dei presidi antidecubito e per il posizionamento (sollevatori, materassi), il centro è dotato di specifiche attrezzature diagnostiche e terapeutiche che favoriscono cure specifiche ed avanzate. Uno degli strumenti più utilizzati è il bladder scanner, un piccolo ecografo utilizzato dal personale infermieristico per monitorare il ristagno vescicale e valutare la necessità di cateterizzazione, evitando quelle a permanenza o altre manovre invasive. Sono inoltre disponibili un ecocolor ed un doppler transcranico per il monitoraggio della perfusione cerebrale e per il rilevamento degli emboli; questo strumento è utile anche per diagnosticare una malattia del cuore come il forame ovale pervio in modo non invasivo, ma solo con sonde e soluzione fisiologica. Non vengono invece utilizzati di routine, seguendo la linea dei grandi centri del nord Europa, i monitor meccanici, il cui impiego è riservato a casi selezionati. “La procedura – ha spiegato il dottor Ricci – prevede che i pazienti colpiti da ictus abbiano una riabilitazione immediata e che si evitino quanto più possibile manovre invasive. Per esempio, cerchiamo di non mettere di routine il sondino ma ne verifichiamo l’effettiva necessità, attraverso un test per la deglutizione e la valutazione clinica”. “Oltre a determinare un miglioramento della prognosi dei pazienti, con riduzione sia della mortalità sia della disabilità residua – ha ribadito il dottor Ricci - l’attivazione del centro ictus ha consentito l’utilizzo della terapia fibrinolitica, autorizzata dalla Regione Umbria in riferimento al decreto legislativo che impone il vincolo di un intervento entro 3 ore dall’inizio dei sintomi su pazienti di età inferiore a 80 anni. Si tratta di una terapia già utilizzata in cardiologia – ha proseguito il primario aziendale di neurologia - che consiste nell’iniettare sostanze trombolitiche utili a sciogliere i grumi di sangue o trombi e che, nel trattamento dell’ictus, richiede tempi di applicazione ristrettissimi oltre che una preparazione e competenze particolarmente elevate. In questo periodo, solo in un caso è stato possibile utilizzare questa terapia, ma in altri 22 abbiamo potuto applicare il protocollo della sperimentazione IST3 (trombolisi nell’ ictus ischemico acuto)”. Infatti, partecipando allo studio IST3, che coinvolge insieme all’Italia altri otto paesi nel mondo, il centro ictus di Branca ha potuto aumentare a 6 le ore per intervenire anche su pazienti di età superiore agli 80 anni”. È quindi molto importante che i pazienti con sintomi suggestivi di ictus raggiungano l’ospedale nel più breve tempo possibile, al fine di instaurare le opportune terapie e ridurre il danno residuo. “Al 30 giugno 2010, con tempi di degenza dai 6 ai 14 giorni a seconda della gravità dei casi, sono state ricoverate 210 persone che comprendono, oltre a 15 casi rivelatisi impropri, ovvero con altre malattie neurologiche, 13 emorragie cerebrali (che prima venivano generalmente trasferite all’ospedale di Perugia), 158 ischemie cerebrali e 24 attacchi ischemici transitori (TIA) ad alto rischio. Naturalmente in questi casi non ci sono liste di attesa e tutti gli esami vengono fatti in 24 ore. Su 171 casi di emorragie cerebrali ed ischemie cerebrali che hanno riguardato una fascia di età media intorno ai 77,5 anni, si sono verificati 7 decessi; 38 pazienti sono stati poi inviati in riabilitazione intensiva, 10 in riabilitazione ambulatoriale, 17 in riabilitazione domiciliare e 7 casi in lunga degenza; questo numero, in realtà, avrebbe potuto essere più alto, ma vi è carenza nel territorio di centri esterni per la riabilitazione estensiva”. Per l'immediato futuro si sta lavorando per coinvolgere più direttamente la popolazione, al fine di creare anche nel territorio dell’Alto Chiascio l'Associazione ALICE, già operante a Città di Castello.
01/07/2010 15:30
Redazione