Nel giorno della festa della Traslazione della preziosa reliquia di sant'Ubaldo, molti eugubini attendono notizie sul futuro della custodia della basilica dedicata al vescovo e patrono della città. Ne parla il suo successore, mons. Mario Ceccobelli, nell'omelia pronunciata nel corso della celebrazione per l'anniversario della Traslazione del corpo del Patrono in cima al monte Ingino.
"Carissimi, anche quest’anno, come è tradizione, siamo saliti sul monte Ingino a ricordo di quella prima ascesa del 1194, quando gli eugubini portarono le Spoglie mortali del Santo Patrono sul monte perché dall’alto guardasse con occhio benevolo e misericordioso tutti gli abitanti della città.
Oggi ognuno di noi, salendo, ha portato con sé la fiducia e l’amore per il Protettore, ma anche la propria storia intrisa di gioie e di dolori, di attese e di delusioni, di preoccupazioni per il lavoro, per la crescita dei figli, di discordie più o meno radicate, nonché le richieste da rivolgere con confidenza al Santo mediatore presso il trono dell’Altissimo.
Anch’io ho portato con me e deposto davanti alla sua urna le mie preoccupazioni per la vita della Chiesa diocesana. Mi conforta il pensiero che anche Ubaldo, quando era pastore di questa Chiesa, sicuramente provò le mie ansie, certo diverse, perché diversa era la società del suo tempo, ma identiche per quanto riguarda la vita cristiana e l’accoglienza del Vangelo.
Una preoccupazione, credo condivisa da molti di voi, riguarda la necessità di assicurare in questo luogo la presenza di una comunità che sostituisca quella dei Frati Minori Francescani, che nella prossima solennità dell’Epifania lasceranno il Santuario.
Alcune disponibilità manifestate stanno venendo meno ed ora la ricerca si fa più difficile. Forse è il caso di pensare ad una soluzione interna alla nostra diocesi.
Intanto posso annunciarvi che la famiglia di un diacono ha dato la sua disponibilità per la custodia degli spazi e per l’amministrazione del Santuario. Questa presenza lascerebbe ai presbiteri tutto il tempo per il loro ministero, cioè per l’accoglienza dei pellegrini, per le confessioni e per le liturgie. Dobbiamo aver fiducia nella sollecitudine del Signore che ci vede in difficoltà e che sicuramente non ci farà mancare il suo sostegno e la sua consolazione.
La prima lettura, proclamata poco fa, iniziava con un imperativo insistito: consolate, consolate. La notizia della consolazione divina, pronunciata dal profeta, era diretta al popolo d’Israele che stava sperimentando la durezza dell’esilio a Babilonia. Dio, per mezzo del profeta, rincuora il suo popolo promettendo un suo intervento potente per porre fine alla sua schiavitù ed invita a preparare la strada del ritorno.
Questa parola d’incoraggiamento, proclamata nella liturgia, diventa parola rivolta a noi: la liturgia infatti ha questo potere di rendere attuale ciò che proclama. Il Signore ci vuole consolare questa sera. Ognuno di noi conosce le proprie angosce, il proprio esilio, i motivi di turbamento che rendono amara la propria vita. Il Signore viene a confortarci e lo fa con Gesù, il Figlio suo, venuto già nella storia venti secoli fa, ma che torna ancora tra noi attraverso il Santo Vangelo. Anche qui, questa sera, una parola viene ripetuta più volte: Beati.
Ci accorgiamo che beati sono chiamati i giusti, i buoni, gli umili e anche tutti coloro che si trovano nella sofferenza, nelle tristezze della vita.
Se ci affideremo al Maestro, che ci assicura la beatitudine, la pace del cuore, potremo fin da ora sperimentarla, con la dolcezza che dona la fede, per poi viverla in pienezza nel suo regno di gloria.
Ma già nel sacramento dell’Eucaristia, quando Gesù viene a visitarci in modo tutto speciale, facendosi cibo per noi, lo sentiamo compagno di viaggio, che ci consiglia e ci consola.
La consapevolezza e la gioia della sua presenza e della sua promessa danno vigore al nostro cammino spirituale e materiale, anche quando le difficoltà possono presentarsi quasi insormontabili.
Ricordiamoci di quanto aspro è stato il cammino del nostro Patrono, che fino all’ultimo, nella più cruda sofferenza, è rimasto fedele al suo Signore, alla scelta di santità che lo ha reso glorioso, rendendolo per sempre guida amorosa del popolo eugubino.
Cerchiamo allora di imitare i Santi per neutralizzare le inquietudini del nostro animo e di conquistare la certezza della fedeltà di Dio verso le sue creature, mai abbandonate, specialmente nella prova, sempre alleviata dalla sua grazia, così pronta nel rispondere alla nostra fede e alla nostra speranza".
Mons. Mario Ceccobelli
Vescovo di Gubbio
11/09/2012 18:25
Redazione