Due frazioni del gualdese, San Pellegrino e Pieve di Compresseto, distanti nei chilometri ma vicine nel ricordo, si sono ritrovate insieme questa mattina a Monte Camera presso il santuario dedicato alla Madonna, per celebrare, come da quattro secoli a questa parte, l’effige mariana conservata nella chiesa. Era l’inizio del XVII secolo quando un’invasione di peste, che aveva già decimato la popolazione di Pieve, convinse gli abitanti del borgo a dirigersi in pellegrinaggio presso il santuario della Madonna di Monte Camera, un viaggio per chilometri fatto a piedi per i sentieri montani che dividono Pieve da San Pellegrino - dove sorge la chiesa - per chiedere la grazia. Miracolo o tradizione popolare ( ognuno scelga ), al ritorno in paese i pellegrini trovarono i propri malati ad accoglierli in strada ormai guariti. In nome di questa tradizione da secoli il martedì di Pasqua i pievani partono all’alba dal proprio borgo - un tempo libero comune - e raggiungono in mattinata Monte Camera dove si incontrano con i sanpellegrinesi e celebrano i loro riti di devozione alla Madonna. A presenziare la funzione il vescovo monsignor Sergio Goretti; tra i banchi della chiesa tanti fedeli provenienti anche da zone limitrofe come Caprara e Biagetto. Al termine della funzione, tradizionale colazione a base di pietanze tradizionali della Pasqua, dalla crescia con formaggio, alle uova. Per il pranzo della 13, tutti a Pieve di Compresseto, dove ospiti sono questa volta i sanpellegrinesi che offrono l’agnello pasquale. E’ così che questa tradizione va avanti da anni, da secoli, inossidata, riuscendo a coinvolgere anche le generazioni più giovani in un rito che trascende la sola valenza religiosa per diventare senso di appartenenza a una comunità. Non a caso a viverlo sono popolazioni molto connotate come quella di Pieve, che solo dalla seconda metà dell’Ottocento è frazione del gualdese mentre prima era comune autonomo, e San Pellegrino, da sempre comunità dai tratti distinti da quelli di Gualdo.