Foligno, il terremoto in mostra

Testimonianze, documenti, disegni, filmati, fotografie ma anche opere d’arte contemporanea possono essere ammirate nella mostra “Terremoti d’Italia”, in programma fino a sabato 18 novembre a palazzo Trinci. Dal giorno dell’inaugurazione della mostra - il 26 settembre scorso - è stata visitata da 13.326 persone (il dato è del 6 novembre scorso). La raccolta ripercorre la storia dei territori colpiti nell’ultimo secolo da alcuni dei principali eventi sismici italiani, ospitando le prestigiose opere che provengono da tutta Italia, grazie alla collaborazione di musei, archivi, biblioteche, gallerie pubbliche e private. Particolare attenzione è dedicata al grande salone finale dove sono presenti opere d’arte contemporanea provenienti dalla Reggia di Caserta e appartenenti alla Collezione Terrae Motus di Lucio Amelio, nata a seguito del terremoto del 1980 in Irpinia. Si illustra l’interpretazione del fenomeno terremoto e delle emozioni che esso ha suscitato in grandi maestri come Rauschenberg, Twombly, Gilbert&George, Tony Cragg, che hanno dato la loro personale interpretazione del fenomeno sismico attraverso la mediazione dei linguaggi dell’arte contemporanea. Oltre a questi grandi protagonisti del panorama artistico internazionale, spiccano le opere di due grandi maestri contemporanei italiani, come Renato Guttuso e Alberto Burri, che hanno rivisitato il tema in occasione del terremoto del Belice. Della Collezione Terrae Motus, Foligno ospita 15 opere. Tra le fotografie che documentano gli eventi sismici, ci sono le quattro grandi tele del pittore Mario Nigro, dal titolo “Terremoto”. Su una parete laterale spicca il manifesto “Aiutiamoli” di Enrico Baj, esemplare immagine in cui si fondano solidarietà ai terremoti e la grande genialità dell’artista milanese. Il manifesto viene commissionato all’artista dal Comune di Milano in occasione del terremoto dell’Irpinia nel novembre 1980. Le altre opere d’arte contemporanea trovano spazio nella sala Sisto IV. “Per fare l’arte bisogna sempre correre dei rischi. Il rischio fa parte dell’arte. Il rischio è il terremoto”. Questa frase di Robert Rauschenberg che ben interpreta l’opera presente in mostra “West Go Ho (Glut)” il cui titolo allude al grido di incitazione dei pionieri in marcia verso l’occidente. Come gran parte delle opere dell’artista anche questa è realizzata con i rifiuti della civiltà dei consumi. L’energia di una scossa sismica sembra attraversare le opere dello statunitense Cy Twombly e dell’inglese Tony Cragg. Il caos della natura viene ordinato dalle linee e dai cerchi di Richard Long (Bristol 1945) che in questa sede propone “Vesuvius circle”, un’istallazione composta da pietre e blocchi di lava provenienti dal Vesuvio. Nei giorni del terremoto del 1980 nasce l’opera “Dying youth” di Gilbert & George. Nell’opera sono presenti due elementi fondamentali della poetica degli artisti: l’immagine della giovinezza e quella della morte. La tradizione della pittura spagnola unita agli impulsi dell’arte classica sembra emergere nell’opera “Jorney to no end” di Chema Cobo. L’arte classica ritorna anche nel trittico di Bruno Di Bello. “Apollo e Dafne”. L’ambizione di Gerard Garouste è quella di spiegare le scene di un teatro atemporale in cui piroettano gli spettri della nostra cultura, l’opera spinge questo ragionamento fino alle estreme conseguenze: niente narrazione né discorso e una assoluta indifferenza per la rappresentazione che ha dipinto. Completano la sala due opere provenienti dal Museo Civico di Arte Contemporanea di Gibellina (Trapani). La prima, la splendida Notte di Gibellina, porta la firma di Renato Guttuso e rappresenta un omaggio alle popolazioni del Belice colpite dal terremoto del 1968; la seconda è il bozzetto del Cretto che Alberto Burri realizzerà nel 1969 sulle macerie del paese di Gibellina completamente raso al suolo.