Che sia solito giungere quando ormai nei musei non c’è più nessuno, lo aveva dimostrato lo scorso anno a Gualdo, quando annunciando il suo arrivo alle otto della sera nella giornata di inaugurazione della mostra di Matteo da Gualdo, costrinse tutti, amministratori in primis, ad attenderlo alla Rocca Flea fino alle 11 di sera. Ma che bussasse alle porte di una Curia in piena notte è davvero una novità. Vittorio Sgarbi (nella foto), onorevole e critico d’arte dal carattere burrascoso, è tornato in visita in questi giorni a Gubbio, dove pochi mesi fa aveva potuto apprezzare i restauri della chiesa di Sant’Agostino, presentandosi però questa volta alle due di notte alla porta della curia vescovile per vedere da vicino lo stendardo processionale attribuito a Raffaello. Con lui una gentil donzella e la dottoressa Giordana Benazzi della Soprintendenza ai beni artistici alla quale si deve l’attribuzione. Una visita attesa da tempo e giunta all’improvviso, si potrebbe dire di nascosto, in coda ad un’incursione del critico d’arte fatta a Cagli per vedere da vicino gli affreschi di Mello da Gubbio scoperti nella chiesa di San Francesco. Davanti al gonfalone che tante visite ha ricevuto, da Tom Henry della National Gallery a James Beck della Columbia University, entrambi scettici sulla sua attribuzione al giovane Raffaello, ma anche critici italiani che invece hanno speso parole in suo favore, Sgarbi ha pronunciato un “nì”: “ Non si è sbilanciato – ha detto Giordana Benazzi – ne ha apprezzato il valore artistico, ma senza dare giudizi sulla sua attribuzione”. Sembrerebbe da indiscrezioni che l’onorevole abbia notato una generica appartenenza alla scuola di Giovanni Santi, ma si tratta di un vivaio troppo ampio per poter parlare di attribuzioni. Una visita che secondo la dottoressa Benazzi non aggiunge novità: l’unico che effettivamente potrebbe farlo è Pierluigi De Vecchi, il conoscitore di Raffaello per eccellenza, oggi docente all’Università di Milano. Ha ricevuto invece l’avallo del critico Andrea de Marchi, esperto di arte marchigiana e romagnola, curatore della mostra sui pittori di Camerino, l’ipotesi avanzata dagli studiosi locali Ettore Sannipoli, Francesco Mariucci e Fabrizio Cece che assegna il gonfalone a un più anonimo Benedetto Coda, pittore settentrionale attivo nell’urbinate tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI. Dunque neppure Sgarbi ha potuto mettere la parola fine sul tormentone Raffaello sì Raffaello no ( chissà se poi ci sarà mai qualcuno che possa farlo effettivamente), ma ha contribuito a rafforzare il proposito sostenuto con forza da Soprintendenza e curia di portare a termine il restauro dell’opera. Il Gonfalone, a prescindere dalla sua attribuzione, è opera di qualità che per il momento è stata recuperata dalle mani di Tiziana Monacelli e Roberta Tironzelli solo per metà, resta da fare l’intera faccia posteriore. Il responsabile per conto della curia dei beni artistici, Paolo Salciarini, conferma che per il momento non ci sono soldi per quest’opera che dunque resta non visibile al pubblico, chiusa in una stanza in attesa di interventi. Con i tagli imposti dal Governo centrale la Soprintendenza non ha fondi a disposizione e i privati ancora non si sono fatti avanti. Ma anche su questo punto i critici sono divisi: Sannipoli spera che il nome Raffaello non convinca a dirottare su questo gonfalone tutte le risorse disponibili che andrebbero impiegate per la tanta arte eugubina di pregio oggi dimenticata.