Inchiesta a Foligno. Città blindata? Sì, grazie

L’isola felice. La città invisibile. Che non esiste. Viaggio alla scoperta del rapporto ambivalente di odio-amore tra Foligno e i folignati. Paure, fobie e frustrazioni di quanti, dopo i recenti fatti di cronaca (rapine a bar e tabaccherie, scippi e furti nelle abitazioni), chiedono agli amministratori una città più vivibile. O, per dirla con uno slogan abusato, a misura d’uomo. La città straniera e quindi ostile. In una parola pericolosa. E’ questo il refrain che emerge dalle interviste tra la gente. Il disagio è palpabile. Si parla di coprifuoco ma in realtà si intende carcere urbano. Fuori, la città, fa paura. Ecco dunque che la prigione domestica più che una scelta diventa una necessità. Qualcuno non fa mistero di tutta la sua indignazione. Ipotizzando perfino qualche comoda scorciatoia che moralizzi la città. Non esitando nemmeno a dichiarare di esser pronto a far fuoco contro chiun que si azzardi a metter piede nella propria abitazione. E mentre cresce l’allarme in città, Riccardo Meloni, Udc, invia una lettera aperta al sindaco nella quale ipotizza un incremento del numero di vigili urbani e l’installazione di un sistema di videosorveglianza, misure che fungerebbero da deterrente al dilagare della criminalità. Si può anche pensare di convocare un consiglio comunale aperto sul tema, aggiunge il consigliere Udc. Giusto. Ma perché non pensare ad abbattere le barriere piuttosto che innalzarle? Siamo convinti che l’emancipazione sociale ed economica può forse di più di quartieri blindati o ronde notturne. E ci piace concludere con il prologo di un noto film di Woody Allen che, dopo avere elencato tutti i difetti di Manhattan (droga, sporcizia, prostituzione, caos, maleducazione) conclude: "Amo New York. È la mia città e lo sarà per sempre". Alessandra Cristofani