E' morto la notte scorsa lo scultore e pittore Giuseppe Uncini. Nato a Fabriano nel 1929, cresciuto poi nell'immediato dopoguerra artisticamente a Roma dove lo aveva portato il suo conterraneo Edgardo Mannucci, Uncini e' stato colto da malore nella suaabitazione umbra, a Trevi. Mannucci nel 1953 lo accoglie nel suo studio e gli fa frequentare artisti del calibro di Afro, Burri, Cagli, Capogrossi, Turcato. Qualche anno dopo avvia il ciclo di opere chiamato Terre, tavole di generalmente di masonite lavorate con oli etempere ma anche con cenere e terra. La svolta per la sua arte arriva, per lui che aveva dovuto interrompere gli studi a Urbino a causa della guerra, con il completo abbandono dei materiali classici di un qualsiasi artista dell'epoca. Via tempere e oli, nel 1958 parte la 'sua' rivoluzione dell'arte, con la creazione dei 'Cementoarmati', opere costruite combinando cemento e ferro, dapprime piatte poi seguendo il parcorso di casseforme. ''Quando cominciai a usare il ferro e il cemento - diceva Uncini - la scelta di queste materie non fu determinata da interessi espressionistici, e neanche materici, ma solo come mezzo per realizzare un'idea che e' quella del costruire, dello strutturare''. La sua passione quindi si volge tutta al lavoro manuale, ed il suo Primocementoarmato riscuote i primi successi della critica affascinata da questo riportare l'arte al mondo tecnico, se si vuole primordiale con l'utilizzo del cemento grezzo rinforzato da reti e ferro. Comincia cosi' ad esporre con gli altri artisti romani, con Mario Schifano, Francesco Lo Savio, Piero Manzoni, il piu' delle volte accolti presso la galleria Appia Antica di Emilio Villa unitamente a Franco Angeli e Tano Festa. Artisti che accentuano il divisionismo e lo scissionismo con opere pero' semplici e materia povera da cui nascera' poi la corrente forse piu' espresiva del secondo novecento italiano. Gli anni '60 sono dominati dai Cementoarmati, sempre piu' grezzi e belli, sempre piu' scanditi dalle torsioni del ferro che si infilzano nel cemento. Ormai Uncini ha affidato del tutto la sua essenza di artista alla materia e alla forma. Nel 1966 e' invitato alla Biennale di Venezia con la serie di opere 'Strutturespazio' e, l'anno successivo, scompaiono ferri e cementi per avviare una nuova avventura artistica, quella del tema delle ombre. include i mattoni nella sua arte, unendoli in base alle ombre desiderate che esssi creano, appesi a muri e pareti, o liberi nello spazio. Poi, ancora, nel '62 e '63, fino ai primi '70, un'altro fiume di idee, il ritorno all'amore per il cemento e il ferro, questa volta appesi a pareti, muri e soffitti, con intrecci sempre meno semplici e piu' fitti di materiali. E cosi' avanti, fino agli anni '80 e soprattutto '90, quelli della consacrazione con gli Spazicemento, dove materia, lavoro e natura tornano protagonisti, seppur non 'scabrosi' e selvaggi' come i Cementoarmati di fine anni '50, ma ancora efficaci per dimostrare che l'uomo moderno nasce da li', grazie a quei materiali, al ferro e al cemento.
31/03/2008 11:17
Redazione