Niente multa al frate a tutto gas, l’anima va salvata

Chiama in causa lo stato di necessità, il giudice Luciano Cicioni, dirigente dell’Ufficio del Giudice di Pace di Foligno, che assolve, per ora solo verbalmente, visto che il trasgressore non ha ancora presentato ufficialmente ricorso, padre Stanislao Vardega, cappellano dell’ospedale San Giovanni Battista, pizzicato dagli agenti della Polizia Stradale ad oltre quaranta chilometri di velocità rispetto al limite massimo consentito. Il frate francescano, al quale gli agenti hanno ritirato la patente di guida pur consentendogli di arrivare a destinazione, correva verso l’ospedale per somministrare il sacramento dell’estrema unzione a un moribondo. Una condizione esimente che integrerebbe appunto lo stato di necessità sancito dall’ex articolo 4 della legge 689 dell’81 secondo il quale non risponde del fatto colui il quale lo commette per salvare sé o altri dal pericolo di un danno grave alla persona. Resta a questo punto da appurare cosa si intenda per danno grave, vale a dire se investa solo la sfera fisica o anche quella spirituale della persona. Secondo il giudice di pace di Foligno soccorrere l’anima equivale in sostanza a soccorrere il corpo. Anche perché – ribadisce il giudice Cicioni, rispolverando qualche vecchia reminiscenza religiosa – non riuscire a ricevere il sacramento dell’estrema unzione significa per un credente essere destinato alla dannazione eterna. Non solo. Mentre il battesimo può essere somministrato anche da un laico, l’unzione degli infermi, o nella sua espressione latina “estrema unzione”, secondo la prassi pastorale deve essere rigorosamente impartita da un sacerdote. Un orientamento giurisprudenziale, quello del magistrato folignate, destinato a far discutere. Perlomeno gli automobilisti atei che potrebbero intravedere nel giudizio una immeritata facilitazione che nulla ha a che vedere con il diritto in senso stretto.