Con alcuni fiori deposti su una sedia vuota posta nella piazza principale della città, che aveva il significato di indicare l’assenza di una donna uccisa, rappresentanti istituzionali e semplici cittadini hanno lanciato stamattina da Città di Castello un messaggio simbolico di denuncia del femminicidio e di assunzione collettiva di responsabilità per dare battaglia alla violenza sulle donne e promuovere una nuova cultura delle relazioni tra generi. La breve cerimonia pubblica in piazza Matteotti, davanti all’installazione che per tre giorni sensibilizzerà la cittadinanza sul tema, ha concluso i lavori del convegno dal titolo “Legalità e femminicidio”, che si è tenuto nella residenza municipale tifernate alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne di lunedì 25 novembre. L’iniziativa, promossa dagli assessorati comunali alla Sicurezza Pubblica, alle Politiche Scolastiche e alle Pari Opportunità con la collaborazione del comitato tifernate della Croce Rossa Italiana, ha voluto porre all’attenzione dell’opinione pubblica il dramma del femminicidio, come espressione di un problema culturale della società che va combattuto con la legge, le forze dell’ordine e la giustizia, ma soprattutto con una crescita civile che parta dalle nuove generazioni. Proprio per questo gli studenti del Polo Tecnico Franchetti-Salviani di Città di Castello hanno partecipato al convegno con la presentazione di tre video sul femminicidio studiati per favorire la consapevolezza del fenomeno. L’assessore Luca Secondi, che ha moderato il convegno, ha sottolineato in apertura dei lavori l’impegno dell’amministrazione comunale per la promozione della cultura della legalità, soprattutto tra i giovani, “come espressione della libertà dell’individuo” e la volontà di “porre la condanna della violenza in tutte le sue forme come elemento fondamentale della convivenza”. “Il tema del rispetto della donna è tra le questioni fondamentali per la costruzione di una società diversa – ha affermato il sindaco Luciano Bacchetta – credo per questo che dobbiamo assumere responsabilmente un impegno nuovo e forte, anche in presenza di drammi che toccano il nostro territorio, per consolidare il confronto e il dialogo con la comunità in cui viviamo, in particolare con i giovani, che è fondamentale accompagnare in una crescita improntata ai valori di una società migliore e più giusta”. L’assessore Mauro Alcherigi ha evidenziato come il femminicidio sia “frutto di una distorsione culturale, che vede le donne uccise o violentate per la colpa inesistente di aver trasgredito al ruolo ideale imposto dalle tradizioni dominanti, che non accettano alcun cambiamento”. “Di fronte a un fenomeno che rappresenta la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 16 e i 44 anni e che ha colpito pesantemente anche la nostra vallata negli ultimi mesi – ha detto Alcherigi - come amministratori ci dobbiamo impegnare a organizzare incontri nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nel territorio per far conoscere la legge da poco varata dal Parlamento italiano e contribuire alla formazione di una nuova cultura del rispetto della donna”. “L’uccisione di una donna è molto spesso l’uccisione di una madre, ovvero del fondamento della famiglia, che è la prima istituzione sulla quale si regge la nostra società – ha osservato l’assessore Andreina Ciubini – per questo dobbiamo opporci con ogni forza al dilagare del femminicidio e di ogni forma di violenza, riscrivendo prima di tutto la grammatica delle relazioni affettive per insegnare a distinguere l’amore dalla gelosia possessiva”. “Vogliamo dare il nostro contributo alla crescita delle nuove generazioni – ha puntualizzato Ciubini – nella speranza che i giovani presenti questa mattina siano migliori della nostra generazione, che forse non è stata all’altezza della situazione”. Grazie ai contributi del professore ordinario di Sociologia dei fenomeni politici Roberto Segatori e del sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Perugia Gemma Miliani, il convegno ha approfondito gli aspetti sociologici e giuridici del femminicidio. “Il femminicidio è espressione di una cultura che porta a uccidere o usare violenza sulle donne proprio a motivo della loro identità di genere”, ha spiegato il professor Segatori, che ha tracciato un quadro internazionale della situazione, con particolare riferimento all’Italia, dove a novembre 2013 sono stati 100 i casi di femminicidio registrati dalla Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna, il 65 per cento dei quali hanno visto le donne uccise dall’uomo con cui avevano o avevano avuto una relazione sentimentale. “Alla base del fenomeno ci sono l’oggettivazione della donna, ovvero l’idea di pensarla e trattarla come oggetto, strumento, merce per il raggiungimento di un fine personale, e la sua sessualizzazione, ovvero la riduzione della persona all’utilità che possono avere le sue funzioni sessuali, fattori, questi, che sono frutto di tradizioni culturali e dell’immaginario di genere ancora largamente proposti oggi”, ha sostenuto Segatori, che ha illustrato gli elementi socio-economici, cultural-religiosi e psicologici che contribuiscono storicamente a una visione distorta del genere femminile. “Non sono né fisiologiche né sane l’oggettivazione delle persone e la pretesa di possesso sul corpo delle donne – ha concluso Segatori – per cui in ogni caso non ci sono giustificazioni per i maschi violenti”. Il sostituto procuratore Miliani ha compiuto un excursus sulle leggi che riguardano le violenze sulle donne, sottolineando che “negli ultimi anni non c’è un aumento statistico degli episodi di femminicidio, che sono costanti, ma c’è una maggiore attenzione mediatica su un fenomeno delittuoso che c’è sempre stato”. “Si tratta, infatti, di un fenomeno culturale, che nasce da pregiudizi morali e concezioni ataviche proprie della nostra società”, ha affermato Miliani, che ha giudicato positiva l’attenzione dell’opinione pubblica se contribuisce a una maggiore civiltà e a tutele più forti delle donne, perché, ha osservato, “se la legge può esercitare un ruolo importante, non può cambiare il modo di pensare dell’uomo che decide di usare violenza alle donne”. A ricordare le campagne che negli ultimi anni sono state effettuate per aumentare la sensibilità verso il fenomeno, soprattutto nelle scuole, è stato Tito Antonuccio, in rappresentanza della Rete degli studenti di Città di Castello, che ha spiegato come l’impegno fondamentale che viene perseguito tra i giovani sia quello di “cercare di arrivare alla radice del problema, cioè come tutelare la donna e prevenire le violenze”. “Vogliamo incentivare un forte interessamento da parte dei ragazzi su questa tematica – ha aggiunto Antonuccio - perché il messaggio deve arrivare forte e chiaro a chi sarà interprete protagonista della società futura”. Il sottosegretario al Ministero degli Interni onorevole Gianpiero Bocci ha concluso i lavori, mettendo in evidenza l’operato del Governo e del Parlamento che ha portato alla legge sul femminicidio dell’ottobre scorso. “L’obiettivo è stato di mettere insieme più norme per avere una misura complessiva di intervento – ha evidenziato il sottosegretario – puntando, oltre che sull’inasprimento delle pene, sui pilastri fondamentali della prevenzione dei delitti e della protezione della donna”. In questo contesto, l’onorevole ha richiamato l’attenzione sulla costituzione di una task force interministeriale a Palazzo Chigi per affrontare il fenomeno nelle sue più ampie articolazioni. “E’ vero che i dati non parlano di una emergenza, ma piuttosto di una costanza degli episodi di femminicidio – ha osservato Bocci – ma sono aumentate le denunce per violenza sulle donne, anche in Umbria, con un dato nazionale del più 400 per cento tra il 1996 e il 2012, e c’è un sommerso che preoccupa, visto che il 90 per cento delle donne non denuncia la violenza subita e un terzo non ne parla addirittura con nessuno”. “Per questo – ha concluso Bocci - scommettere sulle scuole e sulla famiglia, come si sta facendo a Città di Castello, è la strada giusta, perché bisogna recuperare alcuni valori fondanti della civiltà della nostra società, dove c’è sempre meno senso di comunità, dove prevale l’individualismo e c’è un impoverimento culturale che favorisce la violenza”.
Città di Castello/Umbertide
25/11/2013 09:28
Redazione