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C.Castello: il programma di Sinistra Democratica

C.Castello. Stefano Briganti capogruppo consiliare di Sinistra Democratica presenta una bozza programmatica di legislatura. Dopo la "verifica" via libera al confronto con i cittadini
Sinistra Democratica di Città di Castello, a seguito della riunione tra Giunta e maggioranza consiliare tenutasi lo scorso giovedì sera, intende fare alcune considerazioni per dare sostanza al percorso programmatico e di confronto avviato. La nascita del Partito Democratico a Città di Castello ha narcotizzato il dibattito politico; certo, anche i limiti politici delle altre forze della sinistra hanno contribuito alla sua decadenza, ma più ampie responsabilità spettano a chi rappresenta la maggioranza dei consensi elettorali. Il presente documento intende favorire il rilancio della discussione all’interno del centrosinistra e della città, fornendo spunti ed idee su cui confrontarsi. Riteniamo, infatti, che la riunione di pochi giorni fa sia stata utile, come sottolineato dallo stesso sindaco, ma insufficiente se non rappresenterà che l’avvio di un confronto tra forze di maggioranza ed altre energie della città. Città di Castello è un comune ben amministrato, in alcuni settori di intervento propone esperienze innovative e molto interessanti. La forza propulsiva della città ha bisogno, però, per manifestarsi e prendere corpo, di un dibattito ampio e continuo. Questi, a nostro parere, sono i temi da sottoporre alla discussione politica locale. 1. Crisi del modello di sviluppo locale: come si dovrebbe muovere la politica Le difficoltà del modello economico e sociale umbro coincidono con la crisi dei modelli di sviluppo locale. Città di Castello, come Perugia, Terni e Foligno, debbono interrogarsi su questi temi impegnando la classe dirigente locale allargata. L’Alta Valle del Tevere in particolare risente più di altri territori della crisi, in quanto forte l’incidenza che nella stessa hanno la piccola e media impresa. Abbiamo l’obbligo di discutere e far discutere, con gli strumenti a nostra disposizione. A partire dal Patto per lo Sviluppo, che prevedeva i Tavoli territoriali come luogo del confronto e della proposta tra pubbliche istituzioni e parti sociali. La programmazione regionale, con il Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013, ci ha dato uno strumento di fondamentale importanza per delineare nuove strategie su cui indirizzare l’agricoltura altotiberina, oltre che per focalizzare una prospettiva sul tabacco. Le prime Misure del PSR aperte mostrano come sia necessario favorire una interconnessione con gli altri strumenti di programmazione territoriale (formazione tramite Fondo Sociale Europeo, Programma Leader Plus, etc.) per garantire sviluppo coerente ad intere filiere produttive. Se non potesse essere il Tavolo territoriale, individuiamo un altro luogo attraverso cui la politica possa indicare gli obiettivi su cui indirizzare la progettazione integrata. Nel Tavolo territoriale si devono discutere e definire le scelte strategiche per le infrastrutture ed i servizi per l’innovazione, snodo fondamentale per la definizione della nuova identità del modello di sviluppo locale. Non si tratta solo di pronunciarsi definitivamente sulla E45 e sulla E78; è indispensabile dire una parola chiara e definitiva sul sistema ferroviario altotiberino, a maggior ragione dopo la scelta della FCU si spostare il proprio baricentro strategico ad Umbertide. Occorre richiedere la progettazione definitiva per lo sfondamento della ferrovia ad Arezzo e che la cosiddetta “piattaforma logistica” preveda una vera intermodalità. Questi problemi focalizzano un’altra questione. La riorganizzazione e qualificazione del nostro modello di sviluppo locale obbligano sempre più a perseguire una integrazione con la Toscana. Agricoltura, servizi innovativi alle imprese, infrastrutture ed intermodalità, piano integrato dei rifiuti, promozione turistica, ambientale e culturale, integrazione delle strutture sanitarie rappresentano ambiti programmatici che parlano della naturale integrazione tra Umbria del nord e Toscana. Si ripropone così l’annosa questione che attiene al rapporto tra Città di Castello, Alta Valle del Tevere e Perugia, tra il nord dell’Umbria ed il resto della Regione. Dobbiamo affermare e ribadire, impegnando la programmazione regionale in scelte coraggiose, il carattere irrinunciabile del policentrismo umbro, che si traduce nella piena valorizzazione delle aree di frontiera quali vettori di integrazione con le aree più sviluppate del nord. Il nuovo modello di sviluppo locale si elabora attraverso un impulso originale sul tema delle politiche industriali. Spetta alla politica, alle istituzioni pubbliche, oltre che alle parti sociali, elaborare strategie innovative, indicare strade da sperimentare. Viviamo da anni la crisi tipica dei territori “a sviluppo industriale ritardato”, dove i settori produttivi tradizionali hanno cessato o quasi di svolgere una funzione propulsiva (vedi legno, abbigliamento, meccanica per agricoltura monocolturale). È ovvio che le istituzioni devono chiedere il contributo di specialisti in politiche di sviluppo locale, ma la politica deve saper elaborare alcune idee generali per essere protagonista di una parte non secondaria della programmazione. Riteniamo che sia di prioritaria importanza da una parte incentivare e favorire l’insediamento e lo sviluppo di settori produttivi innovativi, capaci di apportare valore aggiunto sul versante della ricerca e del lavoro qualificato (meccanica fine e componentistica, ingegneria meccanica, etc.), dall’altra parte proporre una idea innovativa anche sui settori cosiddetti “maturi”. Non è accettabile ad esempio assistere fatalisticamente allo smantellamento dei settori moda ed abbigliamento, individuando nella delocalizzazione produttiva l’unico fattore di crisi. Occorrono idee che siano in grado di promuovere un cambiamento di contenuti e di profilo (moda, ricerca, alta sartoria, tessuti di qualità, etc.). Analoga considerazione va fatta per il settore legno e mobili, da anni al centro di una crisi di identità, che avrebbe bisogno di una nuova organizzazione centrata sul disegno, i materiali, la ricerca, il mercato, la formazione. Attenzione va posta anche allo strategico settore tipografico e cartotecnico. Occorre, in questo ambito, favorire una logica di sistema, che faciliti integrazione e specializzazione, ricerca ed innovazione, allargamento della proposta produttiva. Le considerazioni fatte sui principali settori produttivi devono prevedere anche un ruolo forte dell’Università degli Studi di Perugia nel territorio, in quanto l’elaborazione di un nuovo modello di sviluppo locale richiede un grande apporto di technology transfer, ricerca pre-competitiva ed applicata, principalmente per connettere le esperienze di innovazione produttiva locale con quelle provenienti dalle Facoltà di Ingegneria, Agraria, Economia. 2. Qualità dello sviluppo Il tema della qualità dello sviluppo è intimamente connessa alle politiche del Piano Regolatore Generale, in fase di aggiornamento. La scelta di selezionare una commissione tecnica composta in base a criteri ricavati da normative europee, per la redazione della variante al PRG, se da un lato garantisce sulla qualità e sulla imparzialità, dall’altra parte non può e non deve sostituirsi al ruolo strategico che deve spettare alla politica. Occorre una discussione larga sui risultati che sono stati perseguiti in Umbria e, in particolare, a Città di Castello attraverso l’applicazione delle normative regionali di politica urbanistica emanate dal 1997 in poi. Occorre, soprattutto, indicare i contenuti di una nuova politica “sociale” per la casa che affermi e pratichi il contrasto a fenomeni di rendita e speculazione, promuovendo interventi del Comune nelle aree indicate per lo sviluppo dal PRG, sostenendo esperienze di cooperazione ed ”autocostruzione”. È necessario affrontare il tema della generalizzata trasformazione degli annessi agricoli, permessa dalla normativa regionale e su cui già alcuni mesi fa il Consiglio Comunale si è interrogato per cercare correttivi in materia da proporre alla Regione. Il PRG approvato nel 1997 già segnalava il fenomeno che una parte degli insediamenti nelle aree industriali “storiche” non era più utilizzato per attività produttive. Dobbiamo, con l’occasione della variante generale al piano, progettare l’avvio di una riconversione delle strutture dismesse, prioritariamente rispetto all’utilizzo del territorio per nuovi insediamenti industriali. Relativamente alla riorganizzazione urbana del capoluogo, il programma elaborato dalla coalizione di centrosinistra nel 2006 prevedeva che il baricentro strategico della città sarebbe passato da Piazza Matteotti a Piazza Garibaldi, che avrebbe vissuto un grande cambiamento con la realizzazione di Piazza Burri. Le difficoltà intercorse hanno minato questo grande progetto? Riteniamo che su Piazza Burri debba ripartire una discussione seria ed ampia, verificando anche il possibile utilizzo dei fondi del PUC 2. Anche sul Contratto di Quartiere la discussione della città deve essere larga ed approfondita, per permettere di far emergere l’idea complessiva di rilancio del centro storico. Proprio il centro storico potrebbe diventare sperimentazione ideale di una politica sociale della casa a favore di giovani coppie e famiglie monoreddito, che darebbe risposte concrete, nonché permetterebbe di evitare una eccessiva concentrazione di insediamento extracomunitario (i dati forniti dall’annuario statistico del Comune di Città di Castello mostrano una situazione piuttosto preoccupante circa il forte aumento delle presenze straniere nel centro storico). Con spirito costruttivo di chi intende dare un contributo al dibattito cittadino, Sinistra Democratica pone questi temi al confronto delle forze politiche della maggioranza.
Città di Castello/Umbertide
20/09/2008 20:04
Redazione
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