"Non ci bastano i cartelli e le delimitazioni dei cantieri sui progetti per la sanità dell'Alta Umbria. Le istituzioni non possono girarsi dall'altra parte, questi sono temi non rinviabili. Servono non solo impegni ma atti concreti, per dare risposte ai cittadini e ai tanti anziani che abitano nelle nostre cittadine e sono sempre più costretti a rinunciare alle cure". Così la segretaria generale UilP Umbria, Elisa Leonardi e il coordinatore Uil Alto Tevere, Sandro Belletti in merito "ai ritardi nei lavori per gli investimenti in sanità che riguardano questa parte di Umbria". "La situazione a Città di Castello è quella di una casa di comunità che si è scelto di localizzare in via Vasari - spiegano Leonardi e Belletti - scelta completamente sbagliata come tutti i sindacati uniti hanno più volte ribadito. Il rischio è che ci siano soldi buttati o comunque spesi male, andando a incrementare il traffico e il congestionano in un luogo che già da ora si presta ad essere poco adatto. Intanto i cartelli sono spuntati, il 2026 per la conclusione e la rendicontazione si avvicina. Per l'ex ospedale si aspetta e si spera nei 12 milioni dal nuovo Fondo di coesione, dopo un processo fin troppo lungo. Un processo che noi auspicavamo si potesse concludere con la Casa di comunità all'ex ospedale. Aspettiamo dunque la convocazione delle parti sociali su questi temi, come promesso ma che ancora tarda ad arrivare". "In questo quadro, con l'Alto tevere che tra quelli con la popolazione più anziana, si inseriscono anche gli altri altri interventi sul territorio come la casa di comunità di Gubbio, anch'essa ferma nello scontare diversi ritardi. Addirittura siamo alla soglia di un anno di lavori non iniziati e che erano previsti l'11 Aprile 2023. Non possiamo quindi non aver letto con interesse l'appello di scienziati e nobel comparso sulla stampa nazionale nei giorni scorsi, nel quale si chiedono più investimenti per la sanità pubblica, a partire dal personale. Il rischio, infatti, è che tutte queste strutture si rivelino essere delle cattedrali nel deserto. In tutta Italia mancano almeno 15mila professionisti sanitari, 5mila infermieri se ne sono andati dal sistema pubblico a vantaggio del privato. Il tutto scoprendo il fianco delle strutture e della medicina del territorio, fondamentale per salvare gli ospedali e supportare chi non ha possibilità economiche o di spostamento, come gli anziani".