Dalla discoteca all'altare. Sergio Merendelli, "Cibotta", diventa sacerdote

Ex disc-jockey in abito “talare”: dalla “consolle” all’altare per vocazione. “Gioisco pure io con l’intera diocesi, prima di tutto perché sei nato e cresciuto in questa comunita’, e sono tanti quelli che ti ricordano quale animatore di sagre, manifestazioni canore e come il popolarissimo disc-jockey “Cibotta”; e poi perché con il tuo servizio arricchirai pastoralmente lo stupendo santuario della Madonna di Belvedere”. Cosi’, in maniera non certo convenzionale, il vescovo diocesano, monsignor, Pellegrino Tomaso Ronchi, si è rivolto a fra Sergio Merendelli, frate cappuccino, poco prima di investirlo dell’ordinazione presbiterale. Scenario della “toccante” celebrazione, la chiesa parrocchiale di San Giustino, (gremita di tanti amici e familiari con in testa la mamma Erminia) dove fra Sergio è stato battezzato oltre sessanta anni fa. Una vita intensa, quella del neo-sacerdote, caratterizzata da un periodo di lavoro alla “Nardi” di Selci, dalla pratica giornalistica e dalla passione per la musica, specialmente quella da discoteca. Per anni, “Cibotta” (cosi’ era conosciuto Sergio Merendelli) ha fatto divertire a ritmo di musica “mixata” intere generazioni. Poi quasi d’incanto e’ sopraggiunta la “vocazione”, il desiderio di cambiare stile di vita e mettersi a servizio dei piu’ bisognosi, in Bolivia, ad insegnare ai ragazzi un lavoro e annunciare il Vangelo con la testimonianza di una esistenza spesa nel servizio. L’incontro con una suora ha complertato l’ultimo percorso vocazionale di Sergio Merendelli accolto dai frati cappuccini dell’Umbria dove ha ultimato il periodo della formazione. “Forse oggi noi sacerdoti – ha precisato il vescovo nel corso dell’omelia – abbiamo annebbiato questo ministero di riconciliazione, che il Signore ci ha consegnato. Forse, a questo ministero, molte volte, diamo i frammenti del nostro tempo, presi da tante altre occupazioni della vita pastorale».