Continua l’appuntamento con la storia per riscoprire insieme usi e costumi dei nostri padri e nonni, le piccole e grandi rivoluzioni del territorio che viviamo, spesso inconsapevolmente, senza conoscerne l’anima e penetrarne l’essenza. Ci spostiamo oggi di una ventina di chilometri. Percorriamo la statale 77 e a Casenove prendiamo in direzione di Sellano. A pochi metri dalla frazione di Villamagina si erge sulla destra un edificio industriale dove si concentra l’attività più redditizia del Comune di Sellano, vale a dire la realizzazione delle lime e delle raspe. E’ il ‘700, secolo dei lumi della ragione, quando un monaco toscano, colpito dalla povertà in cui viveva la popolazione di Sellano, insegnò agli abitanti l'arte di produrre le "raspe". Il segreto riguardava soprattutto la fase di “cementazione e tempera” che consisteva nell’infornare i pezzi su un letto di fuliggine con aggiunta di sale e polvere di corna per poi gettarli nell’acqua fredda; questo aumentava la durezza del metallo ed evitava la deformazione dei denti. Tradizione vuole che la maledizione dei frati, preoccupati che la ricchezza ricavata dall’arte da loro insegnata potesse alimentare l’avidità degli abitanti e allontanarli dalla fede cristiana, sarebbe ricaduta su coloro che avessero guadagnato più del necessario per vivere. La presenza di miniere di ferro, l’abbondanza dell’acqua e la disponibilità del carbone vegetale ed animale consentiva di svolgere nella zona l’intero ciclo di produzione: dall’estrazione del minerale, alla lavorazione e alla forgiatura del ferro fino alla produzione degli utensili. Nel tempo la scarsità della materia prima estratta dalle miniere locali e la sua modesta qualità hanno costretto gli artigiani sellanesi ad importare il ferro che agli inizi dell’Ottocento proveniva addirittura dalla Carinzia. Risale al 1825 il tentativo, rivelatosi infruttuoso, “d’istituire una manifattura normale erigendo un fabbricato nel quale possano farsi tutte le operazioni necessarie alla confezione delle lime”. A quel tempo si contavano nella zona una ventina di imprese artigiane che occupavano complessivamente 80 persone con una produzione di 28.000/30.000 dozzine di lime. Dopo una sensibile contrazione nel numero delle aziende e nei volumi produttivi per le diverse condizioni economiche createsi con l’Unità d’Italia, la situazione migliora decisamente nei primi del Novecento quando gli addetti salgono a 120 unità. E ‘ Il 26 maggio 1914 quando a Villamagina viene fondata la “Cooperativa fra fabbricanti di lime e raspe”. Le vicende belliche ne determineranno la repentina scomparsa, sorte che l’azienda condividerà con le consorelle più giovani, la “Società anonima Cooperativa per la produzione e la vendita di lime e di raspe” costituita il 19 settembre 1933, e la Società Anonima Cooperativa, Consorzio per la produzione e la vendita di lime e di raspe”, costituita il 20 gennaio 1940. Risale al 1954 la fondazione della “Società Cooperativa Artigiana” di Villamagina, ancora in esercizio, che nel 1981 occupava 17 soci lavoratori e 43 lavoranti a domicilio con una produzione media di 900.000 pezzi all’anno destinata per oltre il 30% al mercato estero. Attualmente i soci lavoratori si sono ridotti a 3 ed i lavoranti a domicilio a 4, con una produzione che oscilla tra i 50 e i 60.000 pezzi annui. La Cooperativa è rimasta l’unica impresa italiana ad operare nel settore producendo raspe tonde e piane, come anche le raspe speciali per ebanisti, mobilieri, scultori, calzolai, vetrai e maniscalchi. Non manca nemmeno la produzione di lime e utensili di alta precisione per orafi, argentieri, incisori, cesellatori e orologiai. Il processo di lavorazione è sostanzialmente rimasto inalterato nel tempo. Le barrette di ferro dolce, riscaldate alla forgia alimentata da carbone vegetale, vengono sagomate nella dimensione e nella forma voluta. La successiva “arricciatura” o “picchettatura” realizzata con uno scalpello di acciaio richiede una particolare abilità; viene eseguita su un deschetto ricavato da un tronco d’albero su cui viene infisso un blocco di piombo (ora di alluminio) rivestito di cuoio per appoggiare le raspe, fissate con cinghie, senza rovinare i denti già formati quando si lavora l’altra faccia. La lavorazione manuale distribuisce in modo irregolare le cuspidi sulla superficie delle raspe e questo costituisce il maggior pregio dell’utensile perché garantisce una perfetta levigatura dei materiali, rispetto alla raspe prodotte meccanicamente che, presentando tutte le cuspidi disposte in fila, lasciano i segni dell’abrasione.
Foligno/Spoleto
05/02/2007 13:05
Redazione