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Foligno, il messaggio del nuovo vescovo alla città

Foligno. Appena nominato vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi ha inviato un messaggio alla città, dove arriverà ad ottobre.
Con gratitudine ed emozione, tra il battito del cuore e il dibattito della mente, rivolgo il mio saluto all’intera Comunità diocesana di Foligno, affidata alle mie cure pastorali, e a tutte le istituzioni cittadine. La notizia della mia elezione all’episcopato mi è stata fatta conoscere alla vigilia dell’inizio dell’Anno paolino, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di san Cirillo d’Alessandria, “fervido assertore della divina maternità della Vergine Maria”. Anche questo è dono di grazia che rinfranca e dilata il mio cuore e lo dispone a pronunciare – “senza paura, senza calcoli e senza misura” – il Fiat dell’abbandono alla fedeltà di Dio. “Rendo grazie a Colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero” (1Tm 1,12): questa testimonianza, resa a Timoteo dall’apostolo Paolo, se da una parte mi assicura che il Signore non si limita a dare fiducia, ma stima degni di fiducia coloro che nella potenza dello Spirito chiama a pascere il Suo gregge, dall’altra mi avverte che solo nella relazione intima e profonda con Cristo assumono senso e valore la dignità che mi viene conferita e la responsabilità che essa comporta. La mia nomina a vescovo di Foligno viene resa di pubblico dominio nella festa di san Tommaso, il discepolo che ha interrogato il Maestro sulla direzione da seguire e che si è sentito rispondere: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Tommaso è l’apostolo che ha contemplato più da vicino la ferita del costato del Risorto (cf Gv 20,24-29), da cui “è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa”; egli è il discepolo che ha inserito nell’Alleluia pasquale il “registro” dello stupore fatto meraviglia: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). La vita di san Tommaso è un lungo itinerario che parte dal realismo umano e arriva alla conoscenza nello Spirito; nella sua figura sono rappresentate tutte le membra del Corpo di Cristo, vicini e lontani, credenti e non credenti. Saluto con vivissima gratitudine S. E. Mons. Arduino Bertoldo e con grande venerazione S. E. Mons. Giovanni Benedetti; è nel solco sinodale da loro tracciato che intendo inserirmi tenendo fisso lo sguardo su Gesù, supremo Pastore, “autore e perfezionatore della nostra fede” (Eb 12,2). Se san Paolo ricorda che nel campo di Dio, la Chiesa, c’è “chi pianta e chi irriga, ma è Dio che fa crescere” (cf. 1Cor 3,5-9), san Giovanni, nel contesto del dialogo di Gesù con la Samaritana, scioglie l’imbarazzo dei discepoli ponendo sulle labbra del Maestro questo appello: “Guardate le messi che già biondeggiano per la mietitura” (Gv 4,35). Da questo invito si evince che la prima opera pastorale consiste nel mietere quello che altri hanno seminato con “intelligenza d’amore”. Ecclesiam Suam diligere: questo è il motto che ho scelto per il mio servizio episcopale; si tratta di una formula desunta dal “vocabolario” di Paolo VI, che Mons. Cesare Pagani mi ha insegnato a sfogliare. Questo motto, oltre ad avvertirmi che la Chiesa è di Cristo, annuncia la missione pastorale che, “con la forza dello Spirito del sommo sacerdozio”, mi accingo a compiere nella Chiesa di Dio che è in Foligno, autentico “frammento eucaristico” della Chiesa universale. Edificare la Chiesa con il “cemento della concordia” è il compito a cui tutti siamo chiamati, tenendo bene a mente quanto sottolinea con forza Benedetto XVI: “La preghiera è la condizione della concordia e la concordia è il presupposto della Pentecoste”. Faccio mio l’appello di sant’Ignazio di Antiochia ai cristiani di Efeso: “Ciascuno si studi di far coro”. Ci confermi in questo proposito san Feliciano, nostro patrono, che con il suo martirio ricorda a tutti che la testimonianza personale è una via di grande efficacia evangelizzatrice. Ci aiuti a camminare in questa direzione la beata Angela che, con il suo viaggio spirituale di straordinaria intensità, ci invita a tenere presente che “la cura della vita interiore è la prima attività pastorale, la più importante”. Nel salutare il popolo santo di Dio che è in Foligno e in modo specialissimo l’intero Presbiterio diocesano, prendo a prestito le parole della formula di benedizione con cui san Paolo saluta gli anziani di Efeso: “Vi affido al Signore e alla parola della sua grazia” (At 20,32). Non trovo espressione più adatta per benedire tutti e per domandare allo Spirito santo che rinnovi, nella nostra Comunità diocesana, il prodigio operato agli inizi della predicazione del Vangelo: “La parola di Dio cresceva e si diffondeva” (At 6,7). Mons. Gualtiero Sigismondi
Foligno/Spoleto
04/07/2008 08:45
Redazione
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