Il direttore della Gazzetta di Foligno, giornale della Diocesi, si è dimesso dopo oltre 30 anni di direzione dello storico giornale. Nella lettera aperta emergono dissapori con l'editore, ovvero la stessa Diocesi di Foligno. Riportiamo la lettera di dimissioni, scritta da Don Germano Mancini. Come dire: nel quarantatreesimo anno di amicizia con i lettori della Gazzetta, è giunto il tempo di dirci addio. E 43 anni (collaboratore, vicedirettore, e, dal primo gennaio 1976, direttore) sono tanti, probabilmente troppi. Questa è l’ultima volta che firmo, come direttore responsabile, il settimanale fondato da Michele Faloci Pulignani nel 1886. Un settimanale locale che è il terzo d’Italia per anzianità. E Faloci nel 1886 aveva scritto nella testata tre aggettivi: “Settimanale d’informazione politica – religiosa – culturale”. Anche nell’attuale Gazzetta abbiamo conservato quella dicitura, probabilmente qualcuno non l’ha ancora letta. In questi 43 anni, lo confesso pubblicamente senza arrossire, ho amato molto la Gazzetta. Ho scritto persino una frase “osée” (ardita, audace): “C’è un’età in cui una donna deve essere bella per essere amata. Poi viene l’età in cui deve essere amata per restare bella. La Gazzetta è nella seconda età: resterà bella se noi l’ameremo”. Allora perché lascio? Accetto le critiche, mai ho detto: “Non datemi consigli, so sbagliare da solo”. La disapprovazione è gradita, ma non l’imposizione, soprattutto se proviene dall’editore, che mai deve avere la tentazione di sostituirsi al direttore. Però l’editore ha il potere di allontanare il direttore. E’ l’abc della libertà di stampa. Io capisco le difficoltà che incontrano quelli della mia “ditta”, perché so che chi conta continuamente sale le scale del palazzo con argomenti molto persuasivi contro la Gazzetta. Io parto liberamente per difendere la dignità dei miei collaboratori e mia. Ho letto tante volte l’articolo di fondo che scrisse Faloci nel primo numero di sabato 2 gennaio 1886: “… niente sorpresi se più d’uno ci guarderà di mal occhio, convinti solo della bontà delle cause che difenderemo, e persuasi che la Città nostra ha bisogno di una libera voce”. Le persone da ringraziare dopo 43 anni sono un esercito, iniziando dai lettori, i veri padroni della Gazzetta, che ci hanno permesso di mai chiudere il bilancio in passivo. Scelgo per tutti due persone da ringraziare facendo il nome. Il vescovo Siro Silvestri, che mi convinse a venire a Foligno, era il 1967. E non ero un cittadino della Quintana, addirittura ero di un’altra diocesi proveniente dalla regione marchigiana. Mi volle nella città di San Feliciano perché da estraneo potevo essere più obiettivo e si sarebbe evitato il rischio che la Gazzetta fosse appannaggio di qualche “tribù” locale. Siro era un vescovo che fortificò la mia concezione libertaria, che poggia, ancora, sui valori del Vangelo. Una concezione liberaldemocratica sostenuta, per quanto basta, da un pizzico di sana anarchia che affonda le radici nel personalismo francese: l’uomo è un essere irrepetibile nella storia. Siro difese la mia libertà anche quando fu incendiata la sede della Gazzetta. Non posso non fare un altro nome: l’amico carissimo, il compagno fedelissimo di tante battaglie, il collaboratore esemplare che da appena un anno ci ha lasciati: Renato Campana. Grazie a tutti i collaboratori, ai tipografi, ai fotografi, agli edicolanti, ai correttori, alle suore etichettatrici, a coloro che il mercoledì sono sempre pronti per la distribuzione. Ringrazio fraternamente gli amici della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici). E’ la Federazione che, in 40 anni, ha permesso di vedere lontano ai direttori delle 186 testate confederate. Nel nostro Dna c’è scritto che il fatto è sacro e solo così, nella carta stampata, si sconfigge la concezione di “destra” o di “sinistra”. Il “fatto” è. Poco tempo fa il giudice di Perugia Paolo Micheli ha detto e scritto che il direttore della Gazzetta ha compiuto il suo dovere di giornalista. Il massimo elogio per un cortocircuistagazzettiere. Mi scuso con i lettori perché continuo a sbrodolarmi, è la prima volta che lo faccio. Siamo stati talmente fedeli ai fatti che, dopo 43 anni, e il “fatto” ha del miracoloso, nessun giudice ha mai condannato la Gazzetta.
Germano Mancini
Foligno/Spoleto
15/07/2009 11:57
Redazione