Giancarlo Liboni, fratello del più noto Luciano passato alle cronache come il Lupo, all’appuntamento con la stampa si presenta puntuale. Guarda dritto di fronte a sé, fissando l’obiettivo della telecamera, come a voler parlare a quelli che lo conoscono, e sanno. Della sua storia, del suo passato di stenti, di un padre che ha stretto la cinghia ma no, non ha mai rubato nemmeno uno spillo. Si sente offeso, Giancarlo. La pellicola, vista per la prima volta giovedì sera nelle sale del cinema Barberini di Roma, racconta un’altra storia. Oltraggiosa, a sentir lui. Che insieme ai suoi legali, gli avvocati Paola Marchionni e Massimiliano Romagnoli, ha passato al microscopio la pellicola, indiduando tutte le inesattezze in essa contenute. Inanellando una dietro l’altra una serie di imprecisioni la produzione avrebbe leso, secondo Giancarlo Liboni, la reputazione della sua famiglia. Un danno che qualcuno, presto o tardi, dovrà provvedere a rimborsare. Quanto alla dicitura che compare sul tagliando di invito alla prima del film, due righe che testualmente recitano “pellicola liberamente ispirata alla vita di Luciano Liboni”, non rappresenta, essa, alcuna liberatoria visto che non appare più, né nei titoli di coda né in quelli di testa. Grave, sostiene infine il fratello del Lupo, il fatto che nessuno della produzione nel corso delle riprese si sia premurato di chiedere autorizzazioni alla famiglia. Proprio qualche giorno fa la sorella Giovanna, data in adozione all’età di 14 anni e pertanto non convivente con lo sfortunato fratello trasformatosi in assassino, aveva tutto sommato assolto la pellicola, ritenendola non lesiva della memoria di Luciano Liboni. Una dichiarazione, la sua, da cui il fratello Giancarlo ha subito preso le distanze, facendosi alfiere della memoria dei suoi genitori, entrambi deceduti, e del loro diritto ad un ricordo dignitoso e rispettoso della verità dei fatti.
27/03/2007 19:03
Redazione