Tutti pazzi per Raffaello. Lo dicono i numeri che giungono da Foligno dove in soli nove giorni di esposizione al pubblico della Madonna del maestro urbinate, proveniente dai Musei Vaticani , sono stati 50 mila i visitatori in coda anche per tre ore sotto la pioggia. Lo dicono le reazioni anche del mondo delle istituzioni che da Città di Castello, con il parlamentare Verini e il consigliere regionale Lignani Marchesani, auspicano un ritorno, seppur momentaneo, dello Sposalizio della Vergine di Raffaello da Brera alla chiesa tifernate di San Francesco dove l'opera si trovava originariamente ed oggi solo in copia. Tutti pazzi per Raffaello, tranne Gubbio . Già perchè la città dei Ceri conserva oggi dentro un cassone , presso una bottega artigiana locale, in attesa di ultimazione di restauro , un'opera che nel 2004 l'allora dottoressa della Soprintendenza ai Beni Artistici dell'Umbria Giordana Benazzi attribuì al giovane Raffaello Sanzio. La critica non fu unanime nel merito : c'è chi sconfessò, pur riconoscendone l'ottima fattura , c'è chi si riservò uno studio più attento non chiudendo la porta ad un'attribuzione possibile . L'opera è il Gonfalone della confraternia del Corpus Domini , conservato per secoli nella chiesa di Santa Maria dei Servi raffigurante il Cristo risorto tra Sant'Ubaldo e San Francesco . Il nodo? Tutto legato ad un monogramma, dipinto più volte sul mantello del patrono di Gubbio, dove si leggono le lettere R e V intrecciate che a loro volta danno origine ad altre lettere, ovvero H , A ed L che stanno per Raphael Urbinas , ovvero Raffaello d'Urbino . Studi sulla committenza , sugli spostamenti del giovane Raffaello poco prima del 1500 e sullo stile avevano portato la dottoressa Benazzi a questa attribuzione . Vera o falsa che fosse , resta il fatto che il Gonfalone attirò già da allora l'interesse scientifico, così come ancora oggi le sue fattezze hanno richiamato studiosi delle università dell'est erupeo durante la sua esposizione lo scorso anno in Serbia . A Gubbio invece nessuno ne parla più. Il restauro è quasi ultimato, finanziato per 250 mila euro dal Patto per l'Appennino centrale e, inizialmente, per 20 milioni di vecchie lire dalla Fondazione Carisp Perugia . Per concludere i lavori e realizzare una teca per l'esposizione servirebbero poco meno di 50 mila euro secondo Ilias Tasias del Patto per l'Appennino, ma il suo peggior nemico non sono i soldi , quanto il silenzio e soprattutto la mancanza di un progetto condiviso tra tutte le parti, Diocesi quanto Comune , di come strutturare il percorso museale cittadino . Un'ipotesi è che il Gonfalone del Corpus Domini possa essere collocato nella chiesa dei Bianchi come biglietto d'ingresso , attrazione , invito a visitare il tanto che Gubbio conserva ( basterebbe pensare alla straordinaria urna trecentesca di Sant'Ubaldo oggi nel museo della Basilica ) , ma è appunto un'ipotesi . I fatti dicono che da 10 anni questo capolavoro eugubino (Raffaello sì Raffaello no poco importa, anche se appare certa la provenienza dalla bottega di famiglia) resta inaccessibile alla vista di tutti , condizione aldifuori della logica che all'arte assegna il compito precipuo di essere vista. La Madonna di Foligno docet.
Gubbio/Gualdo Tadino
30/01/2014 08:53
Redazione