In questi giorni si è aperto un ampio dibattito sui giovani della città, in particolare quelli che frequentano i club. Spesso, nei “luoghi” di discussione, social, giornali e media, emerge pericolosamente la connessione giovani-vandali, quasi a voler creare un capro espiatorio al quale ricollegare ogni comportamento riprovevole e dietro al quale ognuno può facilmente nascondersi. Senz’altro i fatti di Coppo hanno dato il via ad una stigmatizzazione del fenomeno e le singole vicende, assolutamente da isolare e condannare, sono state trasformate in una normalità diffusa tanto da creare la generalizzazione giovani-vandali e di conseguenza il binomio club-vandalismo. Titoli di giornale come “Il centro storico in mano ai vandali” non solo rimandano ad un’idea sbagliata della città, provocando anche un danno d’immagine, ma distorcono la realtà dei fatti creando un ulteriore ostacolo al già storicamente difficile dialogo generazionale. Inoltre si lascia subdolamente trapelare il concetto per cui le istituzioni non si interesserebbero al “problema”, o comunque non abbastanza. Ci sentiamo quindi in dovere di riportare alla memoria la nostra esperienza di Servizio Civile, conclusa nel maggio 2015, quando, nella sala consiliare del comune di Gubbio, è stato pubblicamente presentato il risultato di un anno di lavoro che ha riguardato il mondo dei club. Il nostro progetto, volto soprattutto ad una riflessione sul perché dell’esistenza di questo fenomeno tutto eugubino, ci ha subito messi di fronte al problema di trovare il giusto modus operandi per entrare in relazione con i soggetti interessati. Proprio per avere una guida professionale ed un supporto operativo qualificato, ci siamo avvalsi della collaborazione dell’antropologo Massimiliano Minelli dell’Università degli Studi di Perugia e della psicologa Mariella Salciarini della Usl Umbria 1. Dopo numerosi incontri si è deciso di entrare in contatto con i ragazzi dei club scegliendo un approccio narrativo, facendoci raccontare cioè le loro storie, le loro regole, il loro mondo. Abbiamo pensato di iniziare portando avanti incontri qualitativi ed approfonditi anziché puntare sul numero dei club “analizzati”. Non con poche difficoltà, reticenze iniziali e parecchi pregiudizi, da parte soprattutto di chi, non essendo di Gubbio, non conosceva questa realtà, siamo andati a bussare alle porte di vari club, chiedendo ai ragazzi di raccontarsi. Siamo stati accolti da tutti senza troppe difficoltà o resistenze, abbiamo trovato luoghi di amicizia e regole (talvolta anche ferree come il divieto di fumare nel club), di condivisione, di svago e gioco e sempre nel rispetto reciproco e nella cura degli spazi comuni con turni di pulizia, spesa settimanale e divisione delle utenze. I ragazzi ci hanno regalato alcune storie riguardanti il tempo trascorso nel club, collegate ad alcune parole chiave che noi per primi abbiamo proposto loro. Queste storie, veri e propri pezzi di vita e quotidianità, sono state raccontate anche attraverso un progetto parallelo, volto sempre ai giovani, organizzato dall’Ufficio Informagiovani del comune di Gubbio in collaborazione con il collettivo SAD (Sempre Allegri Dentro) e il SCN, che ha portato alla realizzazione di una raccolta di fumetti in cui le storie raccontate dai ragazzi dei club hanno preso forma dalla mano di altri ragazzi che le hanno fatte proprie. Tra i club incontrati ne emergono alcuni che ci piacerebbe portare come esempio per conoscere giovani che forse non corrispondono all’immagine che se ne è data in questo periodo. In un club il vecchio signore del piano superiore passa le serate a guardare le partite con i ragazzi perché a casa non ha Sky e perché è più bello fare il tifo insieme. In un altro club i ragazzi condividono la Wi-Fi con la famiglia che abita accanto e, soprattutto d’estate, fanno da babysitter al figlio più piccolo quando deve rimanere solo. Tutto questo non per dire che la realtà dei club non sia una cosa su cui interrogarsi, o che non si verifichino a volte episodi spiacevoli, ne per chiudere gli occhi e dipingere una visione totalmente rosea, ma per riportare la questione ad una dimensione più giusta e reale. Per dire che c’è una scala di colori con la quale guardare invece di limitarsi ad una visione nera del fenomeno e per cercare di arrivare ad un’analisi sociale ed antropologica profonda e razionale, uscendo dalle chiacchiere da strada e dalla misura sproporzionata che certi eventi hanno assunto. Uscendo la sera, durante la settimana, l’unico sentimento che si prova è un senso di pace, di silenzio e di solitudine spesso, altro che centro storico in mano ai vandali o a centinaia di ragazzini! Magari, diciamo noi! La nostra città, per fortuna o per sfortuna, è solo in mano alla pietra, meravigliosa e silente. Ma veramente c’è qualcuno che si sente in pericolo in giro per le vie di Gubbio? Non si sta forse ingigantendo un problema che invece per essere risolto dovrebbe essere isolato e trattato come l’eccezione? Questi giovani di cui si parla tanto sono i vostri figli, i vostri nipoti, i vostri vicini, sono quelli a cui date il buono e cattivo esempio, sono i vostri alunni e quelli che vi pagano l’affitto dei club che voi stessi gli affidate, sono gli stessi che fanno parte delle numerosissime associazioni di volontariato di cui è ricca la città, che fanno il servizio civile, che studiano, sono quelli che da piccoli andavano a vedere la partita sul club del proprio padre o al circolo, quelli che organizzano manifestazioni sportive, culturali, eventi, che aiutano alle feste di quartiere, che suonano, cantano e si esibiscono sui palchi della città, che fanno Arte, sono quelli che prendono il Cero o vi fanno da bracceri, sono quelli che chiedono possibilità e spazi. Sì, questi ragazzi sono quelli che frequentano i club. Quei giovani siamo noi, e lo siete stati anche voi.
I Volontari del Servizio Civile Nazionale 2014/2015 Simona Minelli, Chiara Petrocchi, Valerio Miozzi, Giulia Nardi, Sonia Notari, Giorgia Ottaviani, Sara Pannacci, Benedetta Pierotti.
Gubbio/Gualdo Tadino
15/07/2016 09:56
Redazione