Influenza suina: 10 casi in Umbria, un'americana ricoverata a Branca

Fino ad ora erano 3 i casi acclarati nella nostra regione. Da ieri sera sono diventati già 10. Parliamo dell’ormai nota influenza H1N1, meglio conosciuta come influenza suina, della quale si paventa un effetto pandemico per i prossimi mesi. Già molto diffusa in diverse aree del mondo, comincia a manifestarsi ora anche nei nostri territori. E i primi casi toccano tutti i principali ospedali del centro e dell’Alta Umbria, da Gubbio a Città di Castello, da Assisi a Foligno. Ad esserne colpiti tutti individui stranieri in Umbria per motivi turistici e che evidentemente hanno contratto nel loro paese di provenienza il virus. Sarebbe ad esempio di nazionalità statunitense la donna, di mezz’età, in soggiorno a Gubbio, ricoverata ormai da 4 giorni al nosocomio di Branca. Un caso – confermato dall’Osservatorio Regionale Epidemiologico, coordinato dall’ing. Paolo Di Loreto e nel settore prevenzione dalla dott.ssa Donata Giaimo – che sarebbe comunque in via di guarigione. Tra le altre persone che hanno scoperto di aver contratto il virus in Umbria, vi sarebbe un ricovero a Foligno e uno a C.Castello e ben 4 ad Assisi. Soggetti di età diversi, casi per così eterogenei: ci sarebbero un 12enne, un ragazzo di 15 anni, un 30enne, una 50enne venuta dall’Australia. Proprio nei giorni scorsi si era svolta una riunione dei vertici del Dipartimento sanitario regionale con la stampa per coordinare una comunicazione univoca e coerente senza da un canto destare inutili allarmismi ma anche senza sottovalutare il fenomeno, che si prevede possa allargarsi a macchia d’olio nei mesi di settembre ottobre. Va ricordato, proprio per scongiurare psicosi inutili, che esistono sia medicinali anti-virali che un preciso programma di vaccinazioni, tale da escludere che nei nostri territori questa influenza possa causare decessi. Il problema sottolineato dai responsabili sanitari è la diffusione molto ampia che si prevede in poco tempo. Per questo è previsto un monitoraggio di tutto il personale ospedaliero e dei servizi essenziali, per evitare che la pandemia possa colpire chi dovrà occuparsi di mansioni sanitarie.