Le sale scommesse devono rispettare la distanza minima dai luoghi sensibili al pari delle sale da gioco. Così il Tar Umbria nella sentenza - riportata da Agipronews - che respinge il ricorso presentato dal gestore di una sala scommesse di Perugia, a cui il Comune aveva ordinato lo stop dell'attività per la violazione del distanziometro previsto dalla legge regionale e dal regolamento comunale sul gioco (almeno 500 metri da spazi "off limits" come scuole e chiese). Secondo l'esercente, il regolamento di Perugia aveva «indebitamente esteso alle sale scommesse» il divieto di apertura e di trasferimento «previsto dalla normativa regionale limitatamente alle "sale da gioco"». Secondo questa tesi, il Comune aveva equiparato «strutture fra loro differenti e non meritevoli di essere assoggettate alla stessa rigorosa disciplina». Il Tar scrive tuttavia che «in ambito nazionale, e in particolare ai fini della tutela della salute, l’attività di gestione delle scommesse lecite è parificata alle sale da gioco». È in questo contesto che si pone quindi la legge regionale, «alla stregua di un’interpretazione sistematica e logica che, malgrado le espressioni letterali impiegate - sale da gioco e/o sale scommesse - non può che essere riferita ad entrambe le attività, fonti entrambi di rischi di diffusione della ludopatia». Il Comune ha quindi correttamente applicato l'obbligo del "distanziometro" alla sala in questione, avendo anche la facoltà di individuare ulteriori luoghi sensibili oltre a quelli già previsti dalla norma regionale. La documentazione presentata ai giudici ha inoltre dimostrato che la sala non era già operativa al momento dell'entrata in vigore del regolamento comunale e quindi non può essere invocata «l'applicazione retroattiva» del distanziometro.