Se la povertà ha un profilo, allora in Umbria è quello di una donna, italiana, tra i 46 e i 65 anni di età, di bassa scolarizzazione, che vive da sola e non ha un'occupazione. Se la provenienza fosse straniera, gli unici dati che cambierebbero sarebbero che la donna sarebbe coniugata con figli e l'età tra i 30 e i 40. E' solo uno degli identikit, quello riferito a chi principalmente si rivolge ai servizi sociali dei Comuni, tracciato questo pomeriggio a Palazzo Donini a Perugia dall'Agenzia Umbria Ricerche nel suo Rapporto sulla povertà in Umbria. Tra i presenti il Presidente della Regione Fabio Paparelli, Mons. Benedetto Tuzia, Delegato della Conferenza Episcopale Umbra alla Carità e Stefano Strona, Commissario Straordinario dell'Agenzia Umbria Ricerche.Il rapporto curato da Enza Galluzzo, con una serie di contributi di vari ricercatori, mette in luce alcuni aspetti chiave della povertà in Regione . Il primo riguarda le famiglie : nel 2018 sono oltre 50 mila quelle che vivono in una condizione di povertà. Il loro identikit , il secondo tracciabile grazie al rapporto, parla di nuclei familiari sempre più giovani, dove il lavoro non c'è o non basta: il 10,5 % di loro ha un solo occupato che data la bassa retribuzione media, non riesce da solo a sopperire alle necessità della famiglia . L’incidenza della povertà aumenta al crescere della dimensione familiare, motivo che spinge sempre di più a non andare oltre il primo figlio, aggravando il già pesante calo demografico . Uno sguardo al ricambio generazionale mostra che nella Regione gli under 25 si sono ridotti al 21% mentre gli over 64 hanno ormai superato un quarto dell’intera popolazione.
Ciò che colpisce del rapporto oltre i numeri, che pongono l'Umbria all'estremo del gruppo delle regioni del Centro Nord ( quella che ha una maggiore povertà
associata al più basso reddito ) è l'assoluto immobilismo sociale. Chi nasce in una famiglia povera è destinato a restare povero almeno per le prossime 5 generazioni. Un ascensore bloccato che non lascia scampo, complice l'indigenza educativa. Tolta la scuola dell'obbligo, infatti, cresce il numero di minori che non può permettersi altro: l'84% non va al nido, il 54 % non usufruisce della mensa, il 61 % non è mai andato a teatro, il 50% in mostre e musei , l'80% a concerti, il 31 % non fa sport, il 42 % non ha mai letto libri extrascolastici, il 25 % non ha accesso a internet. Sono bambini destinati ad avere una bassa scolarizzazione che è uno dei motivi di povertà degli adulti: quasi i due terzi delle persone con necessità stringenti non hanno conseguito il diploma superiore. In questa Umbria a tinte grigie, dove qualche segnale in positivo c'è ma che non fa tendenza, il presidente Paparelli ha ricordato che negli ultimi sette anni la Regione ha fatto confluire più fondi per il contrasto della povertà, 55 derivanti dal Fondo Sociale Europeo fondi Por , 12 milioni provenienti dal PON Inclusione FSE, 600 mila euro sono stati dedicati esclusivamente a contrastare le gravi marginalità adulte e infine, per il triennio 2018-2020, 10 milioni di euro provenienti dal Fondo nazionale Povertà. Si uniscono le iniziative di istituzioni ecclesiastiche e bancarie che tuttavia non riescono a sanare le emergenze . In Alto Chiascio, a Gubbio, che resta una delle aree più penalizzate come tutta l'area umbra appenninica, da quest'anno sarà ridimensionato anche il Fondo a sostegno delle situazioni di povertà istituito da Comune, Diocesi e Fondazione Carisp che passerà da una dotazione di 160 mila euro a 60 mila per il mancato rinnovo dell'accord da parte della Fondazione dopo l'istituzione del reddito di cittadinanza.

Gubbio/Gualdo Tadino
15/07/2019 16:54
Redazione