Era il 30 settembre 1995 quando, nella cattedrale di San Ciriaco ad Ancona, Luciano Paolucci Bedini veniva ordinato presbitero. Una data che segna ancora profondamente la sua storia, come ha ricordato all’inizio dell’omelia nella basilica ubaldiana: “La mattina dopo, come da tradizione, ho celebrato la mia prima Eucaristia nella parrocchia dove ero cresciuto. Era il primo ottobre, e c’erano proprio queste letture”. Tra ricordi e riflessioni, il vescovo ha condiviso anche uno dei desideri più profondi espressi trent’anni fa davanti al Vangelo del giorno, la parabola del ricco e di Lazzaro: “Chiedevo al Signore la grazia di essere un prete capace di stare sulla soglia. Perché per vivere bene il ministero occorre avere un piede dentro e uno fuori: attenzione per chi è nella Chiesa, ma anche per chi è ai margini, chi fatica a entrare o se ne sta andando”. Quel desiderio – ha ammesso con sincerità – non è sempre facile da vivere: “Dopo trent’anni sono sicuro di non esserci riuscito… Ma continua a essere questo il desiderio, anche adesso che sono vescovo: non chiudermi nei miei doni, ma rischiare, lasciarmi toccare da ciò che spaventa”. Tra le immagini più forti dell’omelia, il vescovo ha indicato il cuore del Vangelo come una “scuola per imparare a misurare le distanze”: quelle con Dio, con i fratelli, con i poveri. Perché “la distanza che scegliamo di vivere ora sarà quella che vivremo per l’eternità. E l’amore, quello vero, non crea distanze: avvicina, attira, unisce”. Nella seconda parte della sua riflessione, monsignor Paolucci Bedini ha ripercorso con commozione le tappe più significative del proprio cammino: l’esperienza in parrocchia, l’impegno nella formazione in seminario, la chiamata inaspettata all’episcopato. “Quando è arrivata la telefonata da Roma ho avuto tanta paura, ho pianto parecchio… Non volevo diventare vescovo. Ma quel giorno mi sono ricordato che, quando sei diventato prete, hai detto sì per sempre. Cambia la strada, non la direzione”. Otto anni fa l’arrivo a Gubbio, in una comunità che – ha detto – “mi ha insegnato ancora una volta a mettere la mia vita a servizio del popolo di Dio. Perché è solo chi bussa alla porta del cuore di un sacerdote che lo rende sempre più sacerdote”. Celebrando l’anniversario proprio accanto al corpo di sant’Ubaldo, il vescovo ha voluto affidare il proprio cammino alla custodia del Patrono, che come lui fu chiamato a diventare vescovo contro ogni attesa, e lo fece “per amore del suo popolo, rimanendo uomo di fede, buono, affidato a Dio fino in fondo”. La messa a Sant’Ubaldo è stata solo la prima tappa di un cammino che si snoderà ancora nei prossimi giorni tra le Marche e l’Umbria. Il vescovo Luciano presiederà tre celebrazioni nella sua diocesi di origine, Ancona: martedì 30 settembre nella cattedrale di San Ciriaco, mercoledì 1 ottobre nella parrocchia di Torrette e giovedì 2 ottobre nella parrocchia di San Paolo. Il ciclo si concluderà domenica prossima, 5 ottobre, con una solenne messa di ringraziamento nella cattedrale di Città di Castello alle ore 18.30.
Gubbio/Gualdo Tadino
29/09/2025 14:22
Redazione