L'esigenza di "un'attività non solo repressiva" in tema di reati da "codice rosso", ma di "convinta promozione di una cultura di prevenzione verso fattispecie delittuose particolarmente odiose e sintomatiche di una cultura sessista e maschilista tuttora difficile da stroncare" viene sottolineata dalla procura generale dell'Umbria che a quattro anni dall'entrata in vigore delle norme fa il punto in materia di violenze di genere e detta gli "orientamenti" per gli uffici requirenti del distretto. In una nota l'Ufficio diretto da Sergio Sottani, ricorda l'importanza di "perseguire una uniformità di azione", ribadendo l'esigenza di un "costante impegno del pubblico ministero nel monitoraggio dei vari procedimenti, per cogliere indici di rischio e dando impulso di ufficio all'attività della polizia giudiziaria, vigilando affinché sia data scrupolosa attuazione alle direttive, compresa la tempistica degli accertamenti". In particolare tra gli ambiti di intervento la procura generale prende in considerazione il fatto che in vari casi sono i referti medici e le segnalazioni della polizia giudiziaria alla procura della Repubblica, di interventi di pattuglie per liti familiari o eventi simili, a fornire importanti notizie di reato, non procedibile di ufficio, per lesioni, minacce anche aggravate, percosse, violenza privata o altri. "Nel caso, assai frequente, di assenza di querela della parte interessata - si spiega nella nota -, si pone pertanto in primo luogo il problema della iscrizione della segnalazione nel registro delle notizie di reato ovvero in quella dei fatti non costituenti reato".