Una corsa travolgente e appassionante, in una giornata che come il 15 maggio è stata accompagnata dal sole e dalle emozioni. I ceri mezzani infiammano ancora una volta Gubbio, con i più giovani ceraioli - tra i 16 e i 24 anni - che sebbene ancora immaturi nell’età dimostrano un autentico spirito che li spinge a dare cuore e anima sotto le stanghe.
Una corsa travolgente, dicevamo. Fin dal mattino con l’esaltante alzata, che ha visto protagonisti Giacomo Faramelli (capodieci di Sant’Ubaldo), Leonardo Argentina (capodieci di San Giorgio) e Riccardo Pompei (capodieci di Sant’Antonio) condita da tre birate vorticose, nelle quali una folla meno asfittica rispetto al giorno per eccellenza, non ha frenato la corsa dei tre colossi. E nel pomeriggio, con una Callata dei Neri e un Corso da brivido, proprio come 7 giorni prima, ma con una frenesia e una “sana” incoscienza così forti da far sì che i ceri fossero l’uno a pochi centimetri dall’altro, con altissimo rischio dei cosiddetti “impatassi”. Alcuni momenti di paura ci sono stati, all’altezza della muta di Barbi (a metà corso) con Sant’Antonio prima e San Giorgio poi che sono riusciti prodigiosamente ad evitare la caduta in una situazione di caos pesante. Splendida anche la “cavalcata” nel secondo tratto, con l’unico momento di difficoltà di San Giorgio che nel cuore del quartiere di S.Martino, all’altezza del ponte, è caduto improvvisamente. Ancora tre avvincenti birate e via XX Settembre coperta in un lampo ed è iniziata la lunga ascesa. Prima con i due “buchetti” (tratti ripidissimi dove stavolta i ceri non hanno avuto problemi con i rami della “ficara”, opportunamente potati in settimana), quindi con la salita del monte, dove all’inizio Sant’Antonio ha avuto una vistosa penduta, per poi riprendersi e “ammanicchiare” San Giorgio lungo tutto lo stradone dei Pini. A sua volta San Giorgio è riuscito a restare tallonato a Sant’Ubaldo ma all’arrivo, quando già la folla pregustava un finale appassionante, il capodieci di San Giorgio ha deciso di lasciare il cero dritto, senza piegarlo per salire la scalinata: un gesto emblematico contro tutte le polemiche della settimana (sull’opportunità o meno che il cero di Sant’Ubaldo fosse “scavijato” dentro il chiostro, piuttosto che attendere gli altri).
Un finale davvero “a sorpresa” che è stato accolto tra l’entusiasmo generale dei ceraioli sangiorgiari e santantoniari, che si sono più volte salutati con gli inchini sia fuori che dentro il chiostro, mentre i santubaldari compivano le proprie birate e tutte le procedure di “scavijamento” del cero. Un finale che sarà ricordato, comunque la si veda, sull’ormai spinosa questione legata al chiostro, che ha già aperto ampi dibattiti (soprattutto in seno ai santubaldari) fin dal 15 maggio. Il Patrono è stato onorato con un conclusivo e composto “O lume della fede”. Che come sempre ha il potere di riappacificare qualsiasi discussione.
23/05/2005 08:07
Redazione