Il vescovo ha definito quello di Foligno un "ospedale pilota" in questo senso, "superando una visione cartesiana che divide spirito e materia, a favore di un approccio più olistico e narrativo, intimamente cristiano e biblico, che considera la persona nella sua globalità". "Porre qui l'immagine di Carlo Acutis - ha sostenuto il vescovo - non è solo un atto religioso, ma un atto di 'scienza', che rappresenta la medicina del futuro". Parlando di Carlo Acutis come di un "sorriso di cielo per questa terra ferita", il presule ha auspicato che la sua presenza porti conforto e speranza ai malati e al personale. Antonia Salzano ha condiviso alcune testimonianze sulla vita del figlio, sulla sua premonizione riguardo la causa della morte e sul miracolo riconosciuto per la sua prossima canonizzazione, legato alla guarigione inspiegabile di una ragazza vittima di un grave trauma cranico. Ha inoltre ricordato l'impegno di Carlo nell'usare internet e il computer per creare la sua mostra sui miracoli eucaristici, diffusa oggi in tutto il mondo. "Carlo ha usato la tecnologia per annunciare il Vangelo - ha detto la madre - dimostrando che, se usata per il bene, può fare tantissimo". La dottoressa Orietta Rossi, direttrice dell'Ospedale di Foligno, ha collegato il tema della tecnologia all'importanza dell'inclusione e della comunicazione con il paziente. "La tecnologia non riguarda solo i giovani - ha osservato - ma è fondamentale che tutti ne comprendano il linguaggio per non sentirsi esclusi. Questo può migliorare la compliance del paziente nel processo di cura". Il dottor Piero Carsili, direttore generale dell'Azienda Usl Umbria 2, ha ringraziato il Vescovo Sorrentino per aver "apprezzato questa scelta nella consapevolezza che la spiritualità migliora la cura". "Iniziative come questa - ha detto - aiutano le persone malate e accompagnano la guarigione basata su criteri scientifici". La cerimonia si è conclusa con la benedizione dell'immagine del beato e dell'intero reparto da parte del vescovo, un gesto simbolico per invocare la "carezza di Dio" su pazienti e operatori.