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I fatti del 15 maggio secondo Anna Maria Lupi: "Lo spirito ceraiolo non deve scadere in tifoseria da ultrà"

Lettera alla redazione di Trg della signora Anna Maria Lupi sui fatti del 15 maggio: "Quella caduta ha gettato un'ombra sui valori della Festa"

"Chi vi parla è una cittadina di Gubbio di quasi 80 anni che ha vissuto personalmente tante feste dei Ceri e che, soprattutto ha potuto raccogliere le testimonianze dei tanti ceraioli della sua famiglia: nonni, zii, cugini".

Inizia così la lettera inviata a Trg dalla signora Anna Maria Lupi, residente di Colpalombo, 80 anni portati splendidamente, per nulla spaventata dai mezzi informatici, tando da voler inviare una mail alla redazione per dire la sua su quello che ha visto e letto di questa non- Festa dei Ceri 2020. Di seguito la missiva. 

"Non intendo fare commenti sugli episodi avvenuti a Gubbio il 15 maggio, in violazione delle ordinanze emanate e livello nazionale, regionale e comunale.

Vorrei invece “commentare” quanto nel merito dichiarato da alcuni “commentatori” i quali, in assoluta buona fede, hanno voluto accostare gli episodi citati alla caduta del cero: “il cero cade ma si rialza”; no, non è così, non è l’esempio giusto.

Da quella caduta non ci si rialza, non è stata accidentale come quella del cero, è stata voluta pur sapendo di mettere in pericolo sé e soprattutto gli altri.

Quella “caduta” ha gettato un’ombra sulla festa dei Ceri e sugli Eugubini, mettendone in risalto solo la parte marginale e negativa: quella di una tifoseria da ultrà che nulla ha a che vedere con lo spirito ceraiolo.

La caduta del cero non è voluta, non è cercata, al contrario è il momento più drammatico della corsa, è il momento nel quale tutti al di là del cero di appartenenza hanno un comune sentire, tanto che non è inusuale che il cero caduto venga aiutato a rialzarsi anche dagli altri ceraioli.

Gli sfottò verranno dopo.

I Ceri sono tre e la competizione, l’appartenenza esistono sono inevitabili, addirittura necessarie, ma il vero “spirito ceraiolo” sa che l’impegno, la passione e la fatica sono uguali per tutti: non ci sarebbe festa dei Ceri se tutti e tre non raggiungessero la meta, il loro Patrono sul monte.

Questa è l’eredità di valori che mi ha lasciato nonno Cenni ( nella foto a destra sotto la stanga ) che lungo la corsa non sempre trovava le mute e i bracceri, non trovava nemmeno le telecamere ad immortalare quella dedizione e quella sovrumana fatica".

Gubbio/Gualdo Tadino
30/05/2020 10:46
Redazione
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