“Portate vostri amici e parenti e salvate Palazzo Ducale”. Tra il serio e il faceto così la dottoressa Giordana Benazzi responsabile per la soprintendenza del palazzo rinascimentale eugubino ha tenuto a battesimo la mostra “ Il paesaggio italiano contemporaneo” del gallerista milanese James Rubin, voluta dalla stessa Soprintendenza e dal Comune, con il contributo del Park Hotel Ai Cappuccini. Un appello il suo che non è nuovo da quando la Soprintendenza perugina ha dovuto dimezzare i fondi a disposizione dei palazzi direttamente gestiti in Umbria e i biglietti non potranno mai equilibrare le spese. Ad ascoltare l’appello il sindaco Orfeo Goracci con buona parte della giunta e l’assessore provinciale alla cultura Pier Luigi Neri, ma anche critici d’arte ed appassionati presenti al vernissage. Problemi economici a parte, Palazzo Ducale ha prestato mirabilmente se stesso alla sfida di ospitare una mostra nata per altre ambientazioni, più neutre, più scarne, meno storicizzate, mettendo alla prova il curatore Rubin, ma mostrando ancora una volta la sua vocazione architettonica per l’ arte contemporanea.Il viaggio nel paesaggio italiano, che la mostra mette a nudo, si snoda attraverso 5 aree tematiche che chiamano a raccolta tecniche varie, dalla pittura, alla scultura alla fotografia all’allestimento. Dall’ "Italia della memoria", in cui la visione nostalgica si appunta nell’arte materica di Giovanni La Cognata e più ancora nel gusto retrò della “stanza del papà” di Letizia Fornasieri, si passa all’ "Italia del ferro e del cemento": la poesia scompare e il porto industriale di Papetti, come le stampe fotografiche di Genova di Gabriele Basilico, spengono la luce e colorano il paesaggio di grigio . L’ "Italia post moderna" è un’ironica lettura degli effetti della globalizzazione, dalle visioni oniriche e surrealiste di Fulvio di Piazza alle spiagge di Massimo Vitali. Si chiude con le due sezioni consegnate alla suggestione dello spettatore: la prima è l’ "Italia delle utopie" di Arduino Cantafora con le sue citazioni di vedutismo veneziano e metafisica dechirechiana e quella di Giacomo Costa con i suoi grandi ed imponenti telieri. La seconda ed ultima è un tuffo nell’ "Italia del colore" con i toni abbaglianti di Paolo Iacchetti e i geometrismi di Marco Tirelli. La mostra resterà aperta fino al 18 settembre